Il contrasto del greenwashing nel mondo assicurativo - Il Broker.it

Il contrasto del greenwashing nel mondo assicurativo

Il contrasto del greenwashing nel mondo assicurativo

Il settore assicurativo è interessato sotto molteplici profili dal fenomeno del cd. Greenwashing, ossia la pratica di ottenere un vantaggio competitivo sleale indicando un prodotto come rispettoso dell’ambiente o sostenibile, mentre di fatto non lo è.

Quali?

In primo luogo, nella fase di consulenza al cliente, quando viene proposto al cliente un investimento in un determinato prodotto “sostenibile”.

Al riguardo, è importante ricordare il recente Provvedimento IVASS n. 131 del 10 maggio 2023, il quale prevede l’allineamento della regolamentazione IVASS alle disposizioni europee in materia di finanza sostenibile contenute nei Regolamenti delegati (UE) n. 2021/1256 e n. 2021/1257, entrambi applicabili dal 2 agosto 2022.

Il Regolamento Delegato europeo 2021/1257 descrive cosa devono o non devono fare gli Intermediari e le Imprese di Assicurazione che realizzano prodotti assicurativi in merito alla sostenibilità e impone la mappatura delle ‘preferenze di sostenibilità’ della clientela, nonché di tenerne conto nel processo di approvazione del prodotto destinato a essere distribuito a clienti che chiedono prodotti assicurativi con un profilo legato alla sostenibilità. Diventa quindi obbligatorio per le imprese assicuratrici e per gli intermediari agire con trasparenza nella fase di consulenza per consentire ai clienti o potenziali clienti di comprendere i diversi livelli di sostenibilità e di prendere decisioni di investimento consapevoli, evitando il rischio di greenwashing, ossia la pratica di ottenere un vantaggio competitivo sleale,  raccomandando un prodotto di investimento assicurativo come rispettoso dell’ambiente o sostenibile, che poi concretamente non è tale.

Ulteriori profili: i rischi di controversie legali dovuti a questioni ESG

A quanto precede, si aggiunga che i rischi di controversie legali, dovuti a questioni ESG, sono ormai concreti e rientrano pienamente nel novero delle principali preoccupazioni dei consigli di amministrazione. A causa dell’aumento dei requisiti di rendicontazione e di divulgazione di queste tematiche, così come ulteriormente estesi dalla Direttiva (UE) 2022/2464 la c.d. CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), aumenta la consapevolezza di possibili richieste di risarcimento in caso di risposta inadeguata o di non conformità.

Senza contare i numerosi episodi di greenwashing giunti alla ribalta della cronaca, in cui le aziende hanno fornito informazioni fuorvianti per presentare un’immagine pubblica più responsabile e green, tanto che le informazioni relative all’ESG stanno diventando per gli assicuratori un parametro fondamentale nel processo di valutazione del rischio di un’azienda, e un incremento così significativo – come quello degli ultimi anni – dei casi in materia, non potrà che avere ripercussioni anche sulle coperture e sui premi applicati.

E’ passato agli onori della cronaca solo poco tempo fa, il caso Oltreoceano del procuratore generale di New York che ha citato in giudizio PepsiCo, accusando la multinazionale di mettere in pericolo l’ambiente e di fuorviare il pubblico sui suoi obiettivi di eliminare la plastica monouso dai suoi imballaggi.

Ma tornando all’Italia, questi temi sono sotto i riflettori da anni anche nel nostro Paese, basti ricordare i casi sanzionati, già a partire dagli anni ’90, dall’Antitrust (l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) tra cui quello di una nota marca di acqua minerale italiana che affermava di utilizzare bottiglie a “impatto zero”, per il fatto che compensava la CO2 emessa nell’atmosfera nel processo industriale con la creazione di nuove foreste, ossia destinando una somma alla riforestazione ovvero quello di una nota società di produzione e commercializzazione di carburante italiana sanzionata per “pratica pubblicitaria ingannevole” per aver utilizzato uno spot in cui un prodotto commercializzato dalla società veniva descritto come biologico, green e rinnovabile.

Se in quei casi, però, si parlava più di pubblicità ingannevole, di recente, il tema del “green” è entrato a tutti gli effetti nelle aule dei Palazzi di Giustizia e, nel novembre 2021, è intervenuto il primo provvedimento di un giudice italiano che ha sanzionato il greenwashing, provvedimento emesso dal Tribunale di Gorizia per sanzionare Miko, un’azienda specializzata in tessuti e microfibre “naturali”. A marzo 2022, il Tribunale di Gorizia ha accolto il reclamo di Miko e ha revocato il predetto provvedimento, ma solo perché ha ritenuto insussistente il requisito del periculum, presupposto richiesto per l’ottenimento di provvedimenti cautelari e, quindi, senza esprimersi e prendere posizione nel merito delle condotte ambientali contestate.

Tuttavia, il tema “green” è così entrato ufficialmente anche nelle aule dei Tribunali italiani.

Se si considera che affermazioni sulle credenziali ecologiche/green sono ormai sempre più al centro delle campagne di marketing in molti settori, come la moda, i viaggi e la finanza, solo per citarne alcuni, così come confermato anche dal Rapporto Greenwashing 2023 – elaborato da EPR comunicazione e presentato a maggio a Circonomìa – e che, soprattutto negli Stati Uniti, Regno Unito e Francia, i casi giudiziali di greenwashing contro aziende note e meno note sono già un numero considerevole, è possibile che presto, dopo l’apertura data in tale senso dal Tribunale di Gorizia, anche i casi ad essere trattati dai tribunali italiani saranno molti e che il settore assicurativo si troverà a dover fare i conti con ciò, soprattutto in relazione alle coperture D&O e tutela legale.

A cura degli Avv.ti Rita Santaniello, Socio dello Studio Legale Roedl & Partner, responsabile del dipartimento di Sostenibilità, e Federica Bargetto, Associate Partner dello Studio Legale Roedl & Partner, dipartimento di contenzioso.

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