Con sentenza del 29.03.2018 la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha confermato il risarcimento del danno da straining, ovverosia del danno derivante da comportamenti vessatori nei confronti del lavoratore, lesivi della sua dignità, seppure privi di continuità nel tempo.
Nella fattispecie un impiegato di banca per molti anni aveva lavorato in un ambiente ostile ed era stato bersaglio di veri e propri comportamenti vessatori che gli hanno provocato una condizione di forte stress con conseguenze anche sullo svolgimento della propria attività.
A riguardo si rammenta che la legge prevede, ai sensi dell’art. 2087 c.c., che il datore di lavoro deve garantire e tutelare l’integrità psico-fisica dei propri dipendente, adoperandosi con tutti i mezzi a sua disposizione per evitare che si verifichino situazioni che comportino la violazione della integrità psico-fisica del lavoratore.
Nel caso in oggetto è stato provato che il lavoratore, a seguito delle condotte vessatorie subite sul posto di lavoro, aveva subito un forte stress.
Stress che, secondo gli Ermellini, deve essere riconosciuto e risarcito, a nulla rilevando che le condotte poste in essere non avessero acquisito il carattere della continuità del tempo.
La Suprema Corte ha, dunque, riconosciuto un danno non patrimoniale consistente nel fatto che il lavoratore ha subito una lesione del proprio diritto di svolgere in modo normale ed in serenità la propria attività lavorativa.
Avv. Patricia Russo

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