Con ordinanza n. 4571/2023, la Cassazione ha stabilito che il risarcimento del danno da lesione del rapporto parentale spetta anche al figlio concepito al momento dell’incidente del genitore.
Nella fattispecie, un soggetto veniva investito da un veicolo e riportava gravi lesioni cui seguiva l’amputazione del piede sinistro. I familiari chiedevano il risarcimento dei danni: i giudici di merito non riconoscevano il danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale ai due figli del danneggiato, il primo molto piccolo al momento del sinistro, l’altro solo concepito.
I familiari ricorrevano in Cassazione: secondo la Suprema Corte costituisce errore di diritto avere sottoposto ad un regime probatorio diverso la pretesa risarcitoria dei figli rispetto a quella degli altri congiunti, anche in considerazione del fatto che il giudice di merito ha ritenuto sussistente in via presuntiva e, quindi, meritevole di risarcimento, la sofferenza morale soggettiva del fratello non convivente.
Secondo gli Ermellini “….. il danno parentale si configura anche in presenza di mera lesione del danno da perdita del rapporto parentale e che esso rappresenta un peculiare aspetto del danno non patrimoniale e consiste non già nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità, bensì nello sconvolgimento dell’esistenza, rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, nonché nella sofferenza interiore derivante dal venir meno del rapporto e/o dall’inevitabile atteggiarsi di quel rapporto in modo differente“.
Si tratta di “danno non patrimoniale iure proprio del congiunto, il quale se ritenuto spettante in astratto – come ammesso dalla Corte d’appello – può essere allegato e dimostrato ricorrendo a presunzioni semplici, a massime di comune esperienza, al fatto notorio, dato che l’esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere la sofferenza del familiare“.
Avv. Gian Carlo Soave.
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