L'Avvocato di Famiglia: "Adozione d Diritto all'anonimato" - Avv. Patricia Russo - Il Broker.it

L’Avvocato di Famiglia: “Adozione d Diritto all’anonimato” – Avv. Patricia Russo

Adozione e diritto all’anonimato

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 19824/2020, in continuità con la sentenza n.15024/2016 – in relazione al diritto all’anonimato della madre biologica che ha dato in adozione il proprio figlio – ha affermato che, a seguito della morte della donna,  prevale il diritto del figlio a conoscere la propria ascendenza naturale, proponendo l’azione di accertamento della maternità, anche se la madre non abbia esplicitamente revocato la propria volontà all’anonimato.

Nel caso in esame, un giovane divenuto maggiorenne chiedeva l’accertamento giudiziale della maternità ex art. 269 c.p.c. in quanto nato da una donna che si era avvalsa del diritto all’anonimato al momento del parto, non rendendo possibile far conoscere al figlio il proprio status filiationis.

L’azione veniva proposta dopo la morte della madre naturale e, in primo grado, veniva riconosciuta la maternità della donna visti gli esiti della consulenza immunogenetica, delle deposizioni testimoniali e dell’esame effettuato sul testamento olografo della madre.

La decisione veniva confermata in secondo grado ma, poi, impugnata in Cassazione, per veder affermare la prevalenza del diritto all’anonimato della madre, anche a seguito della morte della stessa, sul diritto del figlio all’accertamento del proprio status filiationis.

Nel panorama internazionale in materia, si rammenta la sentenza francese (del 13.02.2002 N.42326/98) che conferma il diritto della madre al parto c.d. anonimo.

La normativa francese prevede la possibilità del figlio di accedere ad alcune informazioni sulla donna, purché non immediatamente identificative della stessa, la quale può revocare la propria iniziale decisione.

Stessa linea interpretativa si ha con la pronuncia della Corte EDU (25.09.2012, ric.-33783/09) in cui viene riconosciuto il diritto a conoscere la propria ascendenza: l’identità di ogni individuo, che comprende la conoscenza della “verità” sull’identità dei propri genitori, è un vero e proprio diritto perché influisce sulla capacità di sviluppo personale.

In senso contrario non sono mancate, da parte della stessa Corte EDU, pronunce che hanno ritenuto prevalente il diritto all’anonimato della donna partoriente sul diritto del figlio a conoscerne l’identità.

Si segnala, altresì, la sentenza n. 278/2013 della Corte Costituzionale che – chiamata ad esprimersi sulla legittimità costituzionale dell’art. 177 comma 2 D. Lgs. n. 196/03, laddove nulla prevede in caso di richiesta di accesso ai dati materni da parte del figlio biologico e su come questa agisca sulla volontà di anonimato espressa dalla madre – ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, ritenendo che essa renda immobile la volontà materna ove non prevista la reversibilità della scelta di rendersi anonima, con sacrificio delle sue ragioni e di quelle del figlio.

Gli Ermellini, nella pronuncia in esame, richiamano le norme che definiscono il contenuto del diritto all’anonimato della donna partoriente: art. 30 comma 1 del D.P.R. 3.11.2000 che individua le persone tenute ad effettuare la dichiarazione di nascita del bambino (genitori, curatore speciale, medico ed ostetrica o persona che ha assistito al parto) e a cui si rivolge l’obbligo di rispettare la volontà della madre di non essere nominata; art. 93 comma 1 D. Lgs 196/200, che prevede i limiti entro cui può essere rilasciato il certificato di assistenza al parto o la cartella clinica con i dati della madre; art. 28 comma 7 L. 184/1983 che rende inaccessibili all’adottato le informazioni sulla propria nascita se il genitore ha manifestato la volontà di rimanere anonimo.

Quanto al diritto del figlio di accedere ai dati della propria ascendenza biologica e all’azione di accertamento del proprio stato, la Suprema Corte ritiene che esso si fondi nel più ampio diritto a formare la propria identità personale, necessaria alla persona per il corretto instaurarsi e svolgersi della propria vita di relazione e della propria personalità (art. 2 Cost. e art. 8 CEDU).

La Corte di Cassazione evidenzia alcune norme a tutela del figlio: gli artt. 269 c.c. e 270 c.c. relative all’azione di accertamento giudiziale della paternità/maternità che ne stabiliscono l’imprescrittibilità e prevedono che la prova dello status di figlio possa essere data con ogni mezzo.

Tanto premesso, la Corte ritiene prevalente il diritto all’anonimato della madre, volto a tutelare la vita e la salute della stessa e del nascituro: il diritto del figlio alla propria identità personale resta “compresso” per la durata della vita della madre, salvo che la stessa revochi la propria iniziale volontà successivamente al parto.

In caso di morte della madre prevale il diritto del figlio a conoscere la propria ascendenza biologica e a formare una propria identità personale.

Non va, però, dimenticato che detto diritto potrebbe confliggere con diritti e/o interessi degli eredi della donna alla conservazione della di lei identità sociale, in relazione al nucleo familiare costituito dopo il parto.

La Suprema Corte ritiene prevalente il diritto del figlio a ricostruire la propria identità personale, attraverso la conoscenza del rapporto di filiazione, rispetto ai diritti degli eredi alla riservatezza chiesta dalla donna: si legittima il figlio a proporre l’azione per accertare lo status filiationis, ex art. 269 c.c., prevedendo che il trattamento delle informazioni sulle sue origini debba avvenire con cautela, per evitare eventuali danni all’immagine, alla reputazione e ad altri beni di rilievo costituzionale di eventuali terzi interessati.

Infine, quanto alle prove richieste nella fattispecie, la Cassazione ritiene idonei a dimostrare la maternità: il comportamento del preteso genitore che abbia trattato come figlio la persona che agisce per la dichiarazione di paternità o maternità (cd. “tractatus“); la manifestazione esterna di tale rapporto nelle relazioni sociali (cd. “fama”); gli esiti della consulenza immuno-ematologica su campioni biologici di stretti parenti del preteso genitore e le prove testimoniali.

 

Avv. Patricia Russo

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