Patricia Russo - Avvocato di Famiglia - In tema di accertamento della paternità - Il Broker.it

Patricia Russo – Avvocato di Famiglia – In tema di accertamento della paternità

Con ordinanza n. 1667/2020, la Corte di Cassazione ha ribadito che il diritto all’accertamento della paternità è imprescrittibile solo per il figlio e non per i suoi discendenti. Nella fattispecie, i figli, eredi di un soggetto, avevano agito in giudizio per ottenere l’accertamento del rapporto di paternità tra il proprio genitore e il “nonno”. La domanda non trovava accoglimento né in primo né in secondo grado stante il decorso del termine previsto dall’art. 270 comma 2 c.c. Detta norma prevede, infatti, un diverso termine per l’esercizio dell’azione de quo (dichiarazione giudiziale della paternità o maternità naturale) a seconda del soggetto che la esercita. L’azione è imprescrittibile se esercitata dal figlio; se il figlio muore prima di avere iniziato l’azione, questa può essere promossa dai discendenti (legittimi, legittimati o naturali riconosciuti) entro due anni dalla morte. L’azione promossa dal figlio, se egli muore, può essere proseguita dai discendenti (legittimi, legittimati o naturali riconosciuti). L’esistenza di un rapporto di filiazione può essere accertata anche dopo molto tempo se tende a realizzare l’interesse del figlio (di qui l’imprescrittibilità); diversamente, stante la prevalenza degli interessi patrimoniali, se l’azione viene esercitata dai suoi discendenti, questi devono agire entro il termine di decadenza di due anni dalla morte del figlio. Nel caso in esame non è stata neppure riconosciuta efficacia interruttiva alle dichiarazioni del c.d. “nonno” rese in uno scambio epistolare con gli eredi, stante l’indisponibilità del diritto controverso e della irrinunciabilità del termine di prescrizione. Gli eredi ricorrevano, dunque, in Cassazione lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 2937 c.c. e censurando la sentenza impugnata in punto indisponibilità del diritto al riconoscimento della paternità. Evidenziavano, inoltre, che nel merito non fosse stato considerato che la rinuncia al termine di prescrizione potesse risultare anche da un fatto incompatibile con la volontà di avvalersi della prescrizione, in quanto negozio unilaterale non recettizio, per il quale non è prescritta una forma particolare, nè la notificazione alla controparte o l’accettazione della stessa, ma solo la disponibilità del diritto rinunciato. Secondo la Suprema Corte il ricorso è infondato e la sentenza impugnata deve essere confermata, in quanto è stata correttamente riconosciuta nel merito la natura decadenziale del termine di cui all’art. 270 comma 2 c.c. Priva di fondamento alcuno appare la tesi dei ricorrenti i quali distinguono tra indisponibilità del diritto all’accertamento della paternità e rinunciabilità del termine di decadenza previsto per la relativa azione. In ogni caso, secondo la Cassazione, l’indisponibilità dello status di figlio “escluderebbe la possibilità di ravvisare una valida rinuncia nelle dichiarazioni rese dal convenuto in epoca anteriore all’instaurazione del giudizio, trovando applicazione l’art. 2937 c.c., comma 1, che non consente di rinunziare alla prescrizione a chi non può disporre validamente del diritto“. Inoltre, la disciplina di cui all’art. 270 c.c. “trova giustificazione nell’evidente disomogeneità delle situazioni dagli stessi considerate, giacchè l’imprescrittibilità dell’azione riguardo al figlio tutela l’interesse del medesimo al riconoscimento della propria filiazione, interesse che resta integro anche nell’ipotesi di decesso del presunto genitore, mentre il termine decadenziale previsto per l’azione promossa dai discendenti del presunto figlio è giustificato dal fatto che essi sono portatori di un interesse non diretto, ma solo riflesso al riconoscimento della filiazione del loro ascendente“. Ed ancora, secondo gli Ermellini “il diritto al riconoscimento di uno status filiale corrispondente alla verità biologica costituisce per il figlio una componente essenziale del diritto all’identità personale, riconducibile all’art. 2 Cost. ed all’art. 8 della CEDU, che accompagna la vita individuale e relazionale, e l’incertezza su tale status può determinare una condizione di disagio ed un vulnus allo sviluppo adeguato ed alla formazione della personalità“. Avv. Patricia Russo  

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