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Avvocato di Famiglia – Assegno Divorzile – Avv. Patricia Russo

Patricia Russo

 

Si segnala l’ordinanza n. 4523/2019 con la quale la Corte di Cassazione, statuendo in punto assegno divorzile, ha confermato la pronuncia della Corte di Appello ritenendo applicabile il criterio del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio per stabilire l’ammontare dell’assegno divorzile in favore della ex moglie.

La ragione di tale decisione va ravvisata nella circostanza che il giudice a quo ha svolto una valutazione in sintonia con quanto stabilito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 18287/2018 che hanno precisato “la natura composita del giudizio di accertamento ai fini della quantificazione e percezione dell’assegno”.

Nella fattispecie tanto il giudice di primo grado che quello di secondo grado, ai fini della determinazione del quantum dell’assegno, avevano considerato che la signora – quasi sessantenne, disoccupata, con possibilità pressochè remote di trovare una occupazione lavorativa – non godesse di alcun reddito, né, allo stato attuale, disponesse di un reddito adeguato al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, avuto riguardo alle potenzialità economiche del coniuge.

L’ex marito ricorre in Cassazione lamentando che la Corte di Appello, nello stabilire l’ammontare dell’assegno, avrebbe utilizzato un criterio smentito dalla pronuncia degli Ermellini n. 11504/2017 che ha superato il parametro del tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio per adottare quello del “raggiungimento dell’indipendenza economica del richiedente“, cui rapportare il giudizio su adeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge richiedente l’assegno e impossibilità per ragioni oggettive dello stesso di procurarseli.

La Suprema Corte, pur considerando superato l’indirizzo interpretativo della Corte d’Appello, ritiene che quanto da quest’ultima affermato appaia coerente con quanto espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 18287/2018, le quali hanno ritenuto che “la funzione assistenziale dell’assegno di divorzio si compone di un contenuto perequativo-compensativo che discende direttamente dalla declinazione costituzionale del principio di solidarietà“.

Appare, pertanto, corretto il riconoscimento di un contributo che “partendo dalla comparazione delle condizioni economico-patrimoniali dei due coniugi, deve tener conto non soltanto del raggiungimento di un grado di autonomia economica tale da garantire l’autosufficienza, secondo un parametro astratto ma, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell’età del richiedente“.

La Cassazione ritiene, dunque, che la Corte di Appello, pur avendo seguito un orientamento pregresso si sia comunque mantenuta nella direzione tracciata dalle Sezioni Unite, tenendo presente il criterio del tenore di vita, prevedendo che esso concorra e vada bilanciato, caso per caso, con gli altri criteri di cui all’art. 5 Legge n. 898/1970 (Legge divorzio) ed anche valorizzando i fattori che nel caso in oggetto sfavorivano la signora rendendola il coniuge economicamente più debole nel rapporto con il marito.

Il ricorso non trova, quindi, accoglimento.

Avv. Patricia Russo

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