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Come sta cambiando UNIPOL

Ecco come sta cambiando Unipol. Più soci stranieri e meno vincoli con le coop. Così l’amministratore delegato Cimbri ridisegna la compagnia. Grazie anche al filo diretto con il premier Matteo Renzi.
Il cambio della guardia è andato in scena a metà novembre nell’indifferenza generale. Giusto poche righe nelle cronache finanziarie. Ma la nomina di Giuseppe Recchi nel consiglio di amministrazione di Unipol non può certo essere liquidata come un avvenimento di routine. A fare il suo ingresso nel fortino delle coop è il presidente di Telecom, un manager di ampi e consolidati rapporti nell’alta finanza nostrana, dagli Agnelli a Mediobanca, un uomo di relazioni che si porta in dote rapporti di altissimo livello a Wall Street come a Washington. Insomma, il nuovo consigliere di Unipol vanta una carriera distante mille miglia dall’universo cooperativo, da quello che un tempo veniva definito il mondo della finanza rossa.
A Bologna, però, Recchi non è certo approdato per caso. A spalancargli le porte è stato Carlo Cimbri, il numero uno del gruppo assicurativo che, dopo aver completato il tormentato percorso dell’acquisizione della Fonsai dei Ligresti, adesso sta giocando una partita di potere tutta sua.
Tra Cimbri e Recchi, va detto, c’è un’intensa frequentazione, se non un’amicizia, nata negli ultimi due anni e coltivata grazie a numerosi incontri anche al di fuori delle occasioni ufficiali. Di recente, per dire, il capo di Unipol non ha mancato di partecipare alla presentazione del saggio sulla politica energetica nazionale dato alle stampe dal manager torinese, che per tre anni, fino al maggio scorso, è stato anche al vertice dell’Eni come presidente.
La poltrona assegnata, a sorpresa, al presidente di Telecom non rappresenta però solo il frutto di un legame personale. Negli ambienti finanziari, l’ingresso di Recchi nel board della compagnia delle Coop viene letto come un segnale chiaro di rottura rispetto al passato, la spia di un cambiamento che, peraltro, non ha certo preso le mosse adesso.
Del resto un motivo ci sarà, se Cimbri si sta guadagnando sul campo il soprannome di “Marchionne delle polizze”. Come il numero uno di Fiat Chrysler, anche l’amministratore delegato del gruppo bolognese, un colosso che vale in Borsa oltre 6 miliardi di euro, sembra sempre più insofferente alle tradizionali regole del gioco. E allora il gran capo di Unipol annuncia, proclamandolo a tutta pagina dalle colonne del “Sole 24 Ore”, che la compagnia bolognese si prepara a dare l’addio all’Ania, l’associazione di categoria delle assicurazioni. Ad aprire la strada, due anni fa, era stato Marchionne, che ha scelto di abbandonare al suo destino la Confindustria.
La svolta di Unipol è arrivata proprio alla vigilia dell’apertura delle trattative per il rinnovo del contratto di categoria. E i sindacati, ovviamente, hanno accolto la notizia con una certa preoccupazione. Il timore è che Cimbri abbia intenzione di andare dritto allo scontro, abbandonando garanzie e mediazioni del passato. Si vedrà. Di certo il manager ha chiuso in gran fretta la pratica Ania, liquidata come un organismo pletorico che esprime, parole sue, «una politica sostanzialmente conservatrice».
Il vento nuovo della politica non è estraneo a queste scelte di rottura. E se Marchionne ha finito per diventare un punto di riferimento fisso per Matteo Renzi, anche Cimbri sembra ansioso di allinearsi al nuovo che avanza. La presenza al governo di un ministro targato Coop come l’ex presidente della Lega nazionale, Giuliano Poletti, non può che facilitare l’intesa con Palazzo Chigi.
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Del resto, nell’ultimo anno, il manager di Unipol ha già avuto occasione di incontrare il presidente del Consiglio, con cui ormai può vantare un rapporto diretto. I loro obiettivi appaiono in buona misura comuni. L’uno e l’altro si stanno dando un gran da fare come rottamatori. Renzi, con le sue scelte di politica economica e del lavoro, ha messo all’angolo il variegato schieramento etichettabile come sinistra Pd. E intanto anche il capo dell’Unipol si sta muovendo senza riguardi nei confronti di quella parte del movimento cooperativo più vicina al vecchio nucleo dirigente dei Democratici. Negli ultimi mesi per esempio, Cimbri non ha fatto mistero di puntare all’ingresso nell’azionariato della compagnia di nuovi investitori istituzionali stranieri. E la nomina di Recchi in consiglio sembra studiata apposta per attirare i grandi fondi anglosassoni, con cui il presidente di Telecom ha da tempo stabilito ottimi rapporti.
Sono i soldi, adesso, a fare la differenza rispetto ai vecchi e consolidati rapporti tra Unipol e il mondo cooperativo.Le grandi coop di costruzioni azioniste del gruppo assicurativo, stremate dalla crisi, non hanno più la forza finanziaria di dettar legge come un tempo. Anzi, la compagnia guidata da Cimbri, con i suoi ricchi bilanci, è diventata per loro una sorta di scialuppa di salvataggio che può garantire liquidità sotto forma di dividendi. Se la passano un po’ meglio i colossi della grande distribuzione come Coop Adriatica e Coop Nordest, proprietarie anche loro, direttamente o tramite le holding Holmo e Finsoe, di importanti pacchetti di titoli Unipol.
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A questo punto il numero uno di Unipol è atteso al varco anche di un’altra importante novità. Al momento, infatti, Cimbri comanda con i gradi di amministratore delegato, sia nella holding Ugf, sia in UnipolSai, la società a cui fa capo il business delle polizze. Una simile concentrazione di poteri non ha eguali tra i gruppi finanziari quotati in Borsa.
Per questo già mesi fa l’Ivass, l’Authority che vigila sulle compagnie di assicurazioni, aveva chiesto che il manager rinunciasse a uno dei due incarichi. Una prima indicazione in questo senso risale al giugno 2012, a cui ha fatto seguito un nuovo intervento della stessa Ivass, un anno dopo. Adesso tocca a Cimbri fare finalmente un passo indietro.
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Fonte: L’Espresso.it

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