"Scusa posso chiederti un parere" - Avv. Annalisa Righini - Conseguenze ed effetti del ritrovamento della res nell'assicurazione contro il furto. - Il Broker.it

"Scusa posso chiederti un parere" – Avv. Annalisa Righini – Conseguenze ed effetti del ritrovamento della res nell'assicurazione contro il furto.

Una domanda abbastanza frequente, a cui veniamo chiamati a rispondere, è come l’assicurato, vittima del furto della propria autovettura o di altro bene, una volta ritrovato il medesimo debba comportarsi nei confronti dell’impresa assicuratrice; se debba, in altri termini, restituire l’indennizzo eventualmente già ricevuto, ovvero se debba rinunciare alla titolarità del bene ritrovato in favore della compagnia.
Nel fornire riscontro al quesito è necessario, innanzitutto, evidenziare come manchi a livello normativo una disciplina tipica dell’assicurazione contro il furto; infatti, nel libro IV del codice civile, titolo III, capo XX troviamo la disciplina in generale del contratto di assicurazione ed in particolare dell’assicurazione contro i danni, sulla vita e della riassicurazione.
Manca, invece, un capo ad hoc che regoli l’assicurazione contro il furto, pur trovando larga diffusione nella prassi assicurativa, che ha ritenuto di includere nelle polizze danni anche il rischio contro il furto, attesa l’analogia tra la distruzione ed il danneggiamento della cosa, con la condotta di sottrazione al legittimo proprietario -e quindi la perdita- del bene, tipica del furto (ed anche della rapina), poiché in tutte le ipotesi indicate il minimo comune denominatore risulta essere l’incidenza (negativa) sul patrimonio dell’assicurato/vittima.
Ovviamente, trattandosi di analogia e non di totale equiparazione, residuano alcuni aspetti differenti tra il pregiudizio subito in caso di danno -inteso come distruzione parziale o integrale- vero e proprio ed in caso di furto; infatti, mentre la distruzione o il danneggiamento sono situazioni di fatto pressochè immutabili, nel furto il bene sottratto può essere effettivamente ritrovato e rientrare nel possesso del legittimo proprietario.
Laddove, quindi, si verifichi il rinvenimento successivo della res rubata come si dovrà comportare l’assicurato nei confronti della propria impresa?
Innanzitutto si tratterà di distinguere tra l’ipotesi di ritrovamento antecedente o successivo al pagamento dell’indennizzo da parte della compagnia ed, inoltre, sarà necessario verificare se vi sia una previsione contrattualizzata per la suddetta ipotesi nella polizza sottoscritta.
Alcune delle condizioni inserite nei contratti stabiliscono, in caso di ritrovamento integrale o parziale delle cose rubate, che innanzitutto l’assicurato ne dia immediata notizia alla compagnia e che in caso di risarcimento integrale le cose recuperate diverranno di proprietà dell’impresa, salvo la restituzione da parte dell’assicurato l’indennizzo ricevuto. Laddove, invece, via sia stato un risarcimento solo parziale, l’assicurato potrà conservare la proprietà dei beni, rimborsando l’importo ottenuto, ovvero di venderle con ripartizione del ricavato proporzionalmente tra impresa e assicurato. Se, invece, l’indennizzo non è ancora stato corrisposto si tratterà di veirficare se ed in che misura la polizza copra i danni subiti dalle cose in conseguenza del sinistro.
Nel caso, quindi, in cui via sia espressa regolamentazione pattizia dell’ipotesi del ritrovamento della res, sarà dunque quella la disciplina da applicarsi avendo il contratto forza di legge tra le parti, ma nel caso di assenza di previsione sul punto, e stante la mancanza altresì di una fonte normativa specifica al riguardo, la ricostruzione della regola da applicarsi risulta un po’ meno agevole.
Il punto di partenza per affrontare la questione viene offerto da una pronuncia del Tribunale di Roma[1], chiamato a decidere una vertenza avente ad oggetto il furto e successivo ritrovamento di uno strumento musicale; nel caso di specie l’assicurato aveva sottoscritto una polizza “all risk”[2] con cui veniva prestata garanzia per la perdita, distruzione, danneggiamento del bene in questione, ma nella quale mancava espressa pattuizione che regolasse l’ipotesi del ritrovamento.
Il risvolto interessante della pronuncia riguarda l’esame che il Giudice di merito ha condotto in relazione alla richiesta sollevata dalla compagnia di assicurazione di accertamento della titolarità del bene assicurato, ritrovato a seguito del furto; l’assicurazione fonda tale domanda sull’assunto che la sottoscrizione della quietanza da parte del proprietario avesse comportato la definitiva e totale rinuncia a far valere qualsiasi pretesa e/o diritto sul bene, ivi compresa la rinunzia alla titolarità del bene che, pertanto, doveva ritenersi trasferita in capo alla compagnia.
Dipanando subito ogni dubbio si evidenzia che il Tribunale di Roma ha respinto tale domanda.
Il punto nevralgico analizzato risiede nell’aver verificato la totale assenza di qualsivoglia pattuizione (precedente, id est all’atto della sottoscrizione della polizza) sul punto e sulla successiva e connessa impossibilità di ritenere l’atto di quietanza sottoscritto a titolo di transazione sulla somma liquidata come indennizzo, quale manifestazione di volontà e consenso al trasferimento di proprietà della res in capo all’impresa.
Correttamente, infatti, il Tribunale ha ritenuto che il diritto di proprietà sul bene non rientrasse tra le situazioni giuridiche nascenti dalla polizza, contrariamente a quanto sostenuto dagli assicuratori, secondo cui la rinunzia deve ritenersi riferita a qualsiasi pretesa e diritto, anche quello di proprietà.
Merita di essere citato per la chiarezza espositiva il seguente passaggio della citata sentenza: “(…) ad avviso del Giudicante la disamina delle disposizioni civilistiche non consente di pervenire alla conclusione in base alla quale la corresponsione dell’indennizzo assicurativo determina l’acquisizione della proprietà del bene in capo agli assicuratori nel caso di rinvenimento del bene. Tanto dicasi in quanto nella legislazione italiana difetta del tutto una previsione in tal senso e comunque una regolamentazione della situazione giuridica del bene rinvenuto successivamente al pagamento dell’indennizzo e dei diritti delle parti di talchè, in assenza del consenso del proprietario del bene, non può ritenersi verificato alcun acquisto in capo agli assicuratori.”
Condivisibile risulta tale pronuncia, oltre che per gli aspetti sovra evidenziati, anche in ragione di altre considerazioni di carattere logico-giuridico.
Innanzitutto, deve considerarsi come la corresponsione dell’indennizzo non possa essere equiparata alla corresponsione del corrispettivo, elemento tipico del contratto di vendita, che giustifica infatti il trasferimento di proprietà. Inoltre, con il furto, il proprietario del bene subisce lo spossessamento del bene, poiché la detenzione passa dalla persona offesa del reato all’agente/reo, senza però che via sia il correlato passaggio di proprietà, stante la causa illecita di tale trasferimento e, conseguentemente, la titolarità dell’oggetto rimane in capo al legittimo proprietario, temporaneamente spogliato del possesso del bene.
La sottoscrizione della polizza contro il furto, poi, a fronte del regolare pagamento del premio prevede quale oggetto del contratto il rischio che l’assicurato subisca, per causa altrui, la perdita del bene; orbene, pur riconoscendo che il principio indennitario attuato dalla funzione di surrogazione[3], conduce ad affermare -correttamente- che l’assicurazione contro i danni non possa né debba diventare fonte di lucro, preme evidenziare come nel caso di specie (furto dello strumento musicale), anche se l’evento si conclude con il ritrovamento della res, stante il momento successivo di tale accadimento, il rischio assicurato oggetto della polizza sottoscritta si era già perfezionato e, pertanto, correttamente si è proceduto con la liquidazione dell’indennizzo previsto.
A tutto ciò si aggiunga un’ultima, ma non meno importante considerazione sul fatto che manchi totalmente una disposizione normativa che autorizzi un simile trasferimento.
Giunti a questa soluzione, non può tacersi però il fatto che così come l’assicuratore non potrà beneficiare dell’acquisto della proprietà in assenza di specifica previsione contrattuale per le ragioni sovra esposte, allo stesso modo l’assicurato non potrà ottenere un guadagno rappresentato dall’aver prima ricevuto l’indennizzo e poi aver ritrovato il bene; in tale ipotesi, quindi -sia che si voglia rinvenire il fondamento di questa previsione nella norma disciplinante l’indebito oggettivo[4], ovvero nella disposizione che regola l’arricchimento senza causa[5]– l’assicurato sarà tenuto a restituire l’indennità percepita, salvo il diritto di trattenere il valore del danno subito dalla cosa in conseguenza del furto e le eventuali spese per il recupero.
Indipendentemente da quale che sia il fondamento giuridico di tale obbligo restitutorio, si sottolinea la considerazione secondo cui, quando il furto (rischio-oggetto della polizza stipulata) si è ormai verificato, la garanzia assicurativa ha funzione compensativa e, quindi, prevede la liquidazione economica in luogo della diminuzione patrimoniale subita.
Tale funzione verrebbe meno se a fronte del ritrovamento del bene, l’assicurato potesse trattenere anche l’indennità percepita.
Infine, per completezza espositiva, merita un breve accenno anche la diversa ipotesi del furto di un’autovettura, poi successivamente ritrovata, ma danneggiata.
In questo caso, pur valendo le considerazioni appena sviluppate, si deve precisare che nel caso delle autovetture (per cui la polizza RC Auto non sempre è estesa alle ipotesi di furto che deve, quindi, essere appositamente incluso) spesso si verifica l’ipotesi in cui il veicolo viene ritrovato a seguito del furto, ma con evidenti danni.
In questi casi, si tratterà di verificare se i danni riportati dal mezzo siano riconducibili alla circolazione avvenuta a seguito del furto, ovvero siano riconducibili ad altra tipologia di danno.
Un caso simile è stato portato all’attenzione della Suprema Corte[6], che ha confermato la sentenza della Corte d’Appello con cui, in riforma della sentenza di primo grado, veniva respinta la domanda di risarcimento dei danni (colpi di ascia) riportati dal veicolo dell’attore in seguito al furto perpetrato, poiché il contratto azionato non copriva i danni causati da reati diversi dal furto ed in ogni caso gli stessi non erano riferibili alla circolazione del mezzo, successiva all’evento delittuoso.
In altri termini, i danni riportati -non essendone stata provata la dipendenza dalla circolazione- venivano fatti rientrare nella categoria degli atti vandalici, per i quali, ai fini del risarcimento, deve essere stata sottoscritta apposita polizza, non prevedendo l’assicurazione contro il furto, normalmente, tale tipologia di danno.
 
Avv. Annalisa Righini
 
[1]                Tribunale Roma, Sez. VII, 23/09/2010.
[2]                Trattasi di quel contratto di assicurazione (letteralmente “contro tutti i rischi”) la cui copertura include i danni derivanti da qualsiasi evento non espressamente escluso.
[3]                La funzione di surrogazione che attua il principio indennitario è contenuta nella previsione di cui all’art. 1916 c.c. che stabilisce che “l’assicuratore che ha pagato l’indennità è surrogato, fino alla concorrenza dell’ammontare di essa, nei diritti dell’assicurato verso i terzi (…)”.
[4]                Art. 2033 c.c. “chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure se questi era in buona fede dal giorno della domanda.”
[5]                Art. 2041 c.c. “Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento, a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale. Qualora l’arricchimento abbia ad oggetto una cosa determinata, colui che l’ha ricevuta è tenuto a restituirla in natura, se sussiste al tempo della domanda.”.
[6]                Cass. Civ. Sez. III, 17/03/2015 n. 5192.

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