Concorso di colpa del terzo trasportato: la scelta imprudente del trasportato e l’accettazione del rischio supera la presunzione di responsabilità del conducente e proprietario del veicolo?
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Il caso: Mario, dopo una serata in discoteca in compagnia dell’amico Luca, viene coinvolto in un incidente stradale dal quale gli derivano lesioni personali. L’auto sulla quale viaggiava in qualità di trasportato era condotta proprio dall’amico con Luca con cui aveva trascorso l’intera serata.
Giunti entrambi al Pronto Soccorso per gli accertamenti del caso, venivano sottoposti all’alcootest, risultandone positivi. L’impresa di Assicurazioni ha, però, negato il risarcimento del danno a Mario, poiché egli, consapevole dello stato di ebrezza alcoolica dell’amico, salendo sull’auto da questi condotta, avrebbe accettato, esponendosi volontariamente al rischio, verificatosi, poi, con l’incidente.
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La normativa di riferimento per il caso sovra indicato è l’art. 141 del Codice delle Assicurazioni che, precisamente, recita: “1. Salva l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito, il danno subito dal terzo trasportato è risarcito dall’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro entro il massimale minimo di legge, fermo restando quanto previsto all’articolo 140, a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro, fermo il diritto al risarcimento dell’eventuale maggior danno nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile, se il veicolo di quest’ultimo è coperto per un massimale superiore a quello minimo. 2. Per ottenere il risarcimento il terzo trasportato promuove nei confronti dell’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro la procedura di risarcimento prevista dall’articolo 148. 3. L’azione diretta avente ad oggetto il risarcimento è esercitata nei confronti dell’impresa di assicurazione del veicolo sul quale il danneggiato era a bordo al momento del sinistro nei termini di cui all’articolo 145. L’impresa di assicurazione del responsabile civile può intervenire nel giudizio e può estromettere l’impresa di assicurazione del veicolo, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del capo IV. 4. L’impresa di assicurazione che ha effettuato il pagamento ha diritto di rivalsa nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile nei limiti ed alle condizioni previste dall’articolo 150”.
I tratti salienti della disciplina possono, dunque, così enuclearsi:
- diritto del terzo trasportato a chiedere il risarcimento del danno all’impresa di assicurazione del veicolo a bordo del quale si trovava al momento del sinistro e il conseguente obbligo dell’impresa di risarcire il danno, salvo il caso fortuito;
- la liquidazione può essere richiesta dal terzo ed erogata dalla compagnia “a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro” e il danno deve essere risarcito dall’assicurazione del vettore, anche se il proprio assicurato non ha alcuna responsabilità nella causazione del sinistro, con applicazione della procedura di risarcimento danni ordinaria, prevista dall’art. 148 Codice Assicurazioni, alla richiesta stragiudiziale inoltrata dal terzo;
- limitazione della responsabilità dell’impresa assicuratrice del vettore entro i limiti del massimale minimo di legge, con possibilità per il trasportato-danneggiato di agire per la differenza nei confronti del responsabile civile (il maggior danno consiste nella parte eccedente il massimale minimo previsto per legge, liquidabile sempre e comunque nel rispetto e secondo il criterio di riparto proporzionale in caso di pluralità di danneggiati, ex art. 140 cod. ass.);
- conseguente e correlata facoltà per l’assicurazione del responsabile civile di intervenire nel procedimento risarcitorio già avviato dal danneggiato ex art. 141, con riconoscimento della responsabilità del proprio assicurato, manlevando l’impresa che assicura il vettore e, nel caso ciò non avvenga, previsione del diritto di quest’ultima di esercitare l’azione di rivalsa nei confronti della prima, per il recupero di quanto corrisposto.
La ratio di tale previsione -del tutto innovativa poichè ha introdotto l’azione diretta (cfr. art. 144 cod. ass.[1]) del terzo trasportato nei confronti dell’impresa assicuratrice del veicolo sul quale il terzo viaggiava- risiede nella volontà del legislatore di fornire a tale soggetto uno strumento aggiuntivo di tutela al fine di agevolare il conseguimento del risarcimento del danno, a prescindere e quindi senza che sia onerato del dovere di dimostrare l’effettiva responsabilità tra i conducenti dei veicoli coinvolti.
In tale senso si è pronunciata la Corte Costituzionale -chiamata ad esprimersi sulla legittimità costituzionale o meno di tale previsione- con la nota ordinanza n. 440 del 23/12/2008 con cui, dichiarata la manifesta inammissibilità della questione sollevata, ha precisato che detta norma si limita in realtà a rafforzare la posizione del trasportato, considerato soggetto debole, legittimandolo ad agire direttamente anche nei confronti della compagnia assicuratrice del veicolo su cui viaggiava, senza peraltro eliminare la possibilità di far valere i diritti derivanti dal rapporto obbligatorio, nato dalla responsabilità civile dell’autore del fatto dannoso.
La richiesta di risarcimento danni potrà, quindi, essere formulata senza dover assolvere alcun onere probatorio e quindi limitandosi ad indicare una semplice descrizione dei fatti, con l’unica specificazione della posizione in cui si trovava il trasportato-danneggiato al momento del sinistro, ma senza dover aggiungere altri elementi per individuare le cause del sinistro.
A questo punto, la compagnia indennizzerà integralmente il passeggero danneggiato sia che il sinistro si sia verificato per colpa del conducente del veicolo assicurato, sia in caso contrario laddove il sinistro si sia verificato per responsabilità del veicolo di controparte, sia che sia ravvisabile una responsabilità concorsuale ex art. 2054 cod. civ. dei veicoli coinvolti.
Rimane però ferma la possibilità per la compagnia di modulare, limitandolo proporzionalmente, il risarcimento in caso di una corresponsabilità del danneggiato, il cui fondamento normativo si rinviene nell’art. 1227 cod. civ.[2]
E qui entra in gioco il caso proposto da cui si è partiti per lo sviluppo e l’argomentazione del presente contributo.
Infatti, l’impresa assicuratrice nel caso del signor Mario ha negato il risarcimento proprio invocando una corresponsabilità dello stesso nella causazione delle lesioni personali derivanti dal sinistro in cui è stato coinvolto.
Si tratta, ora, di capire se sia condivisibile tale posizione.
Partendo da un caso analogo già posto all’attenzione della Suprema Corte (Cass. Civ. Sez. III 07/12/2005 n. 27010) si cercherà di dare risposta a tale interrogativo.
Nel caso citato -che, peraltro, non si ritiene di condividere per le ragioni che si diranno di seguito- la Corte affermava che “l’art. 1227 c.c., comma I, concerne il concorso colposo del danneggiato, configurabile solamente in caso di cooperazione attiva nel fatto colposo del danneggiante”: sostanzialmente, quindi, la Corte ha escluso che si potesse configurare un concorso di responsabilità del danneggiato, il quale aveva accettato di essere trasportato su un’auto condotta da altro soggetto in evidente stato di ebrezza, poiché secondo il ragionamento condotto dalla Corte tale comportamento -accettazione del rischio- non integra una materiale ed attiva cooperazione nella determinazione dell’evento dannoso.
Seguendo tale filone interpretativo, quindi, Mario avrebbe ben potuto contestare all’impresa di assicurazione il rigetto della sua richiesta risarcitoria.
In realtà, secondo un orientamento più recente della giurisprudenza di legittimità, le ragioni di Mario potrebbero non trovare effettivamente accoglimento.
Infatti, in altro caso[3] -analogo per l’analisi logico giuridica ivi condotta- in cui addirittura il terzo trasportato decedeva, a seguito delle lesioni riportate nel sinistro, la Corte ha stabilito che gli eredi avevano diritto a percepire un risarcimento ridotto del 50%, in relazione al grado di corresponsabilità da riconoscere in capo alla vittima che, volontariamente, era salita a bordo di un veicolo, che stava partecipando ad una gara automobilistica non autorizzata.
Il principio di diritto che emerge dalla lettura della sentenza citata in nota può essere così sintetizzato: il concorso colposo del danneggiato che, ai sensi dell’art. 1227 comma 1 cod. civ., comporta la riduzione proporzionale della responsabilità del danneggiante non si configura esclusivamente in caso di cooperazione colposa del danneggiato caratterizzato da un’incidenza concreta nel fatto dannoso, ma altresì in tutti i casi in cui il medesimo si esponga volontariamente ad un rischio superiore alla norma, in violazione di norme giuridiche o di regole comportamentali di prudenza avvertite come vincolanti nella coscienza sociale, assumendo quindi una condotta che si inserisce come antecedente causale necessario nell’iter che conduce alla verificazione dell’evento lesivo[4].
Più facile sarà sicuramente individuare la condotta posta in essere in palese spregio delle norme giuridiche vigenti, come ad esempio, il caso tutt’altro che straordinario di un trasportato che non allacci le cinture di sicurezza.
Meno agevole è l’individuazione di quella condotta che ha violato in realtà non una norma giuridica, ma semmai una regola di prudenza, poiché il discrimine che rileva ai fini della configurabilità del concorso di colpa del danneggiato risiede nella distinzione tra un comportamento (solo) genericamente imprudente e per questo non idoneo ad invocare la disposizione di cui all’art. 1227 comma 1 c.c. ed, invece, un comportamento che violi norme di condotta non determinanti una sanzione vera e propria, ma individuate come vincolanti, non tanto perchè previste da una fonte normativa, ma dal comune sentire sociale.
In definitiva, la Corte ha -correttamente- rilevato che non ogni comportamento imprudente può essere fonte di responsabilità per il danneggiato, ma ugualmente si potrà parlare di concorso di responsabilità, laddove vi sia esposizione volontaria al rischio, idonea a rilevare come fattore concausale del danno nel momento in cui il soggetto consapevolmente accetti un rischio (viaggiare su un auto condotta da persona in evidente stato di alterazione alcoolica) che si pone ingiustificatamente sopra la soglia della normalità caratterizzandosi per essere, quindi, un rischio anormale, nel senso di anomalo.
Questo ragionamento, del tutto condivisibile, conduce dunque a ritenere che con l’accettazione consapevole del rischio nella partecipazione -anche in assenza di attiva cooperazione- ad una attività che sia rischiosa (gara automobilistica clandestina o viaggio a bordo di auto condotta da soggetto in evidenza stato di ebrezza alcoolica) o contraria alla legge, o anche (solo) contrastante con le regole della coscienza sociale largamente diffuse, venga meno la ratio fondante la tutela privilegiata fornita al trasportato che vedrà, così, proporzionalmente diminuito il suo risarcimento.
[1] Art. 144 Cod. Ass.: “1. Il danneggiato per sinistro causato dalla circolazione di un veicolo o di un natante, per i quali vi è obbligo di assicurazione, ha azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile, entro i limiti delle somme per le quali è stata stipulata l’assicurazione. 2. Per l’intero massimale di polizza l’impresa di assicurazione non può opporre al danneggiato eccezioni derivanti dal contratto, nè clausole che prevedano l’eventuale contributo dell’assicurato al risarcimento del danno. L’impresa di assicurazione ha tuttavia diritto di rivalsa verso l’assicurato nella misura in cui avrebbe avuto contrattualmente diritto di rifiutare o ridurre la propria prestazione. 3. Nel giudizio promosso contro l’impresa di assicurazione è chiamato anche il responsabile del danno. 4. L’azione diretta che spetta al danneggiato nei confronti dell’impresa di assicurazione è soggetta al termine di prescrizione cui sarebbe soggetta l’azione verso il responsabile.”
[2] “Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate (2055).
Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza (1175, 2056).”
[3] Cass. Civ., Sez. III, 26 maggio 2014, n. 11698.
[4] Se è vero che l’incidente stradale si sarebbe in ogni caso verificato indipendentemente dal fatto che il trasportato fosse in macchina, occorre però considerare l’intera serie causale di eventi che hanno condotto all’evento dannoso (lesioni) subito, compreso quindi anche il rispetto -da parte del trasportato stesso- della regola di prudenza secondo cui la partecipazione ad una corsa clandestina o la guida dell’auto sotto l’effetto di alcool integrano condotte non solo illecite, ma contrarie alle regole di prudenza.
Avv. Annalisa Righini
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