Polizze e previdenza non sfuggono più - Il Broker.it

Polizze e previdenza non sfuggono più

da PLUS24 de Il Sole 24 Ore.
Chi investe in una polizza o in un fondo pensione complementare per arrotondare la misera pensione pubblica, rischia di inguaiarsi con il redditometro? La domanda è legittima visto che anche i versamenti in previdenza e in risparmio assicurativo sono finiti nella lista delle voci monitorate dall’Agenzia delle entrate. Si tratta tra l’altro di strumenti previdenziali che per alcune categorie (lavoratori autonomi o artigiani), diventano indispensabili in un sistema pensionistico che ha ridotto molto le erogazioni. Va poi considerato che l’Italia il settore è poco sviluppato (la previdenza complementare rappresenta il 6% del Pil contro il 72% degli Usa e l’86% del Regno Unito). Ci sarà un effetto deterrente come avviene per i beni di lusso? Sarebbe una iattura che la paura colpisse tali investimenti che andrebbero alimentati anche in anni di crisi: perché la pensione di scorta abbia un senso deve essere costruita con costanza.
Che accadrà quindi a quei lavoratori autonomi che magari hanno chiuso l’anno in perdita o con un magro imponibile fiscale e si sono avvalsi della facoltà di versare comunque la cifra massima fiscalmente deducibile (5.164,57 euro l’anno)? Corrono il rischio di entrare nella lista dei cattivi? Tra l’altro il redditometro ha efficacia retroattiva dai redditi 2009.
L’Ania, l’associazione di categoria, non commenta. Minimizza invece l’impatto Mauro Marè, presidente della Mefop (società per lo sviluppo del mercato dei fondi pensione). «Innazitutto il redditometro inserisce solo i versamenti a fondi aperti e ai Pip – spiega Marè – mentre sono esclusi i contributi ai fondi negoziali. Comunque non penso che dalle novità possa derivare un disincentivo all’investimento in fondi pensione. Va detto anche che spesso il piano di versamenti è modificabile di anno in anno in base ai redditi». Allargando il discorso alle altre polizze, mentre nella precedente versione del redditometro erano escluse le assicurazioni per responsabilità civile, incendio e furto di veicoli, assicurazioni sulla vita e contro gli infortuni e le malattie, il nuovo meccanismo inserisce tutto. È l’ennesimo colpo per i contratti assicurativi che fino a qualche anno fa sfuggivano a molti controlli.
Le polizze una volta erano uno strumento utilizzato anche per investire il cosiddetto “nero” visto che la proibizione dell’utilizzo del contante è entrata in vigore molto in ritardo nel mondo assicurativo rispetto ad altri ambiti. Fino al 2007 gli agenti potevano incassare contante fino al limite antiriciclaggio di 12.500 euro. Poi le regole sono cambiate con minori possibilità di realizzare operazioni non tracciabili. Le maglie si sono ristrette di recente anche per quanto riguarda l’accesso ai dati. La circolare 175022/2011 dell’Agenzia delle entrate ha ufficializzato l’obbligo di rispondere alle richieste di accertamenti fiscali telematici anche per le imprese assicurative in precedenza escluse. A partire dal 30 giugno 2012 l’Agenzia delle entrate può inviare alle compagnie richieste di accertamenti sulle polizze index e unit e alle operazioni di capitalizzazione attraverso l’indirizzo di posta elettronica comunicato entro il 30 aprile scorso. La stessa circolare, inoltre, conferma l’estensione degli obblighi di comunicazione all’Anagrafe dei Rapporti in essere. Bisogna dunque dare l’addio definitivo ai contratti assicurativi stipulati per investire i guadagni in nero.
I contratti assicurativi avevano anche un altri plus apprezzati da imprenditori e professionisti: impignorabilità, insequestrabilità ed esenzione da tasse di successione. Come difendersi dunque? Tra i consigli operativi per gli assicurati c’è quello di conservare tutti i documenti (regola da osservare sempre e comunque), inclusi quelli di pagamento perché, pur essendo già rilevati dall’anagrafe tributaria, può presentarsi la necessità di dimostrare errori di tale rilevamento, anche in caso di pagamento da parte di terzi rispetto all’intestatario (ad esempio i genitori).
ARCHIVIO DEI RAPPORTI FINANZIARI ALTRI PRODOTTI INCLUSI
È tutta una questione di dialogo. Non solo fra ispettori fiscali e risparmiatori ma pure fra database, le numerose banche-dati che posseggono codici, numeri e che tracciano acquisti, vendite e l’universo finanziario (italiano). Perché questa premessa? Semplice. Come già evidenziato in pagina 4 e 5, il redditometro prevede che le banche-dati si parlino altrimenti sarà difficile capire se il signor Rossi ha comprato azioni e bond con soldi sottratti all’Erario.
«Il punto è proprio questo – spiega Giovanni Barbagelata, commercialista dello studio associato Piazza –, nell’elenco del redditometro gli investimenti in strumenti finanziari, come le azioni e le obbligazioni, rientrano fra le spese utili per ricostruire il reddito su base induttiva. Su tali titoli, però, le informazioni si trovano soltanto nell’apposita sezione dell’anagrafe tributaria relativa ai rapporti con gli operatori finanziari, un database a cui allo stato attuale non si può accedere in modo indiscriminato, atteso che la richiesta dell’acquisizione di dati è subordinata alla prevista autorizzazione, per l’agenzia delle Entrate, del direttore centrale accertamento o del direttore regionale e, per la Guardia di Finanza, dal comandante regionale».
Quindi il redditometro per funzionare deve avere alle spalle “cervelloni informatici” che dialogano tra loro. Per attingere all’anagrafe dei rapporti e quindi a conti correnti e quant’altro, bisognerà essere nell’ambito di un’indagine bancaria; non c’è un “bocchettone informativo” che fa affluire in modo automatico tali notizie al redditometro. «Quindi per azioni e bond, in assenza di tali informazioni ottenute da una rituale interrogazione dell’anagrafe dei rapporti – aggiunge Barbagelata – gli ispettori addetti al redditometro avranno a disposizione solo le medie Istat in cui però non sono presenti dati relativi ai prodotti finanziari».
Siamo di fronte al rompicapo di Rubik: tasselli (informatici) da far combaciare. Portafogli da analizzare ma senza avere la possibilità di ottenere informazioni dalle banche dati se non con autorizzazioni specifiche. Alla fine il risparmiatore che deve fare? «Tenere in evidenza gli investimenti effettuati e relative fonti di finanziamento, specie se provenienti da fattispecie irrilevanti ai fini delle imposte sui redditi, come successioni e donazioni – ricorda Barbagelata – ma anche i prestiti concessi dai familiari e i risarcimenti. È bene poi conservare estratti conto e rendiconti periodici, anche perché l’agenzia delle Entrate avrà la facoltà di utilizzare “elementi di capacità contributiva diversi da quelli riportati nella tabella A” tra cui, figura la “quota di risparmio riscontrata, formatasi nell’anno”».

0 Comments

Leave A Comment