In un mercato caratterizzato da riduzione della redditività, responsabilità professionali accresciute e nuovi players ad aggredire la fascia a basso valore aggiunto (rc auto e retail), per l’intermediario assicurativo le sfide per restare punto di riferimento nella distribuzione assicurativa di certo non mancano. Una delle strade percorribili per trasformare il problema in opportunità è rappresentato dalla consulenza alle PMI in ambito di gestione e trasferimento dei rischi puri.
Cos’è un rischio puro?
La prima grande suddivisione da compiere quando ci si avvicina all’analisi dei rischi industriali è quella tra i c.d. “rischi strategici” e “rischi puri”. Possiamo semplificare al massimo dicendo che la discriminante sono le conseguenze emergenti, positive o negative, al loro verificarsi: il rischio puro genera esclusivamente conseguenze negative, il rischio strategico può portare sia guadagno che perdita (guardando la cosa da un punto di vista economico). Ecco che diventa intuitivo realizzare che il verificarsi di un incendio non possa avere conseguenze direttamente positive, al contrario di un titolo azionario ove la volatilità può generare “segno più” o “segno meno”. I rischi puri sono il punto di partenza ideale per l’intermediario di assicurazione evoluto in quanto sono, vista la loro natura non speculativa, quelli maggiormente predisposti al trasferimento assicurativo; tanto più favoriti quanto ad alto impatto e bassa probabilità.
I rischi strategici
Quando ci riferiamo alle PMI il rischio strategico viene declinato trasversalmente nelle diverse funzioni aziendali e permea l’impresa permettendole (o meno) di raggiungere i propri obbiettivi. Addentrarsi nei rischi inerenti le scelte ad esempio di politica industriale, commerciale, gestione bancaria ecc, presuppone per il professionista che vi si cimenta una conoscenza profonda dell’azienda, del settore di riferimento, delle tematiche tecniche trattate e soprattutto una delega forte ed effettiva da parte del top management. Una delle 3 strutture di riferimento della nuova ISO 31000:2018 individua, infatti, nella “leadership e nell’impegno” il presupposto fondamentale per una corretta integrazione della gestione del rischio in azienda. Riportando testualmente: “l’alta direzione e gli organismi di supervisione, ove applicabile, dovrebbero assicurare che la gestione del rischio sia integrata in tutte le attività dell’organizzazione e dovrebbero dimostrare la leadership e l’impegno”. Tali livelli di commitment in Italia sono ad oggi messi in atto da grossi gruppi, da aziende quotate o appartenenti a settori strettamente regolamentati ove la funzione viene richiesta dagli organi di vigilanza istituzionali.
E le nostre PMI?
Il tessuto economico del nostro paese è, come risaputo, rappresentato in buona parte da micro-piccole imprese che ogni giorno producono valore per il sistema economico e industriale. In queste realtà, spesso con management caratterizzato più da rapporti familiari che da gestioni affidate ad amministratori terzi, la cultura del rischio è lontana dal raggiungere la maturità. Tralasciando i motivi culturali o i retaggi storici e volendoci concentrare sulle soluzioni, l’analisi dei rischi puri è, ad opinione di chi scrive, la chiave d’accesso per ribaltare l’accezione di “imposta” che lo strumento assicurativo possiede nelle menti di molti piccoli imprenditori, facendo cosi emergere un nuovo modello, sia comunicativo che professionale.
Come detto il rischio puro possiede la capacità, al suo verificarsi, di generare delle conseguenze negative. Per l’imprenditore questo si traduce in perdite economiche. Creare un universo dei rischi personalizzato, degli scenari probabili e rapportarli a vari livelli di magnitudo potenziale disegna nella mente fatti reali e sviluppa in chi riceve l’analisi una proprietà fondamentale per compiere delle scelte: la consapevolezza. Se nelle grandi realtà l’impegno che parte “dall’alto” si concretizza a partire da una consapevolezza (più o meno forzata) già acquisita e matura, nelle PMI occorre un trigger diverso per renderla effettiva e fare in modo che generi la ricerca di soluzioni.
Come rappresentare in modo chiaro i rischi all’imprenditore medio? La sfida non è di poco conto. Tempi ristretti, incombenze, ritardi, imprevisti sono sempre all’ordine del giorno per chi fa piccola impresa ed è quindi necessario sintetizzare senza perdere l’efficacia.
I rischi per loro natura vengono suddivisi in svariati modi, generalmente le distinzioni devono essere funzionali al tipo di obbiettivo che ci si pone nello studio dei rischi stessi. Sarà quindi importante distinguere i rischi interni dai rischi esterni quando la valutazione si pone di raggiungere la completezza da un punto di vista della provenienza delle minacce, come invece la distinzione tra varie tipologie di conseguenze sarà utile per ordinare comunicativamente i rischi sotto una veste più vicina all’imprenditore. Nei prossimi articoli approfondiremo alcune strategie per schematizzare e inquadrare in modo semplice e chiaro l’universo dei rischi puri.
Nicola Massagrande
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