Domanda: Buongiorno Avvocato sono rimasto coinvolto in un sinistro stradale dove ho riportato importanti lesioni fisiche, che hanno richiesto una lunga riabilitazione. Sono titolare di una polizza infortuni che in occasione di quanto accaduto ho regolarmente attivato. La mia Compagnia mi comunica che non potrà procedere all’indennizzo in quanto avendo già percepito il risarcimento per l’incidente i due indennizzi non sono cumulabili. E’ vero? La ringrazio
Risposta: L’assicurazione privata contro gli infortuni è regolata dagli artt. 1882-1932 del c.c., ed è un contratto col quale l’assicurato ha diritto di farsi risarcire dall’assicuratore, entro i limiti di un capitale o una diaria preventivamente concordati, del danno ad esso prodotto da un sinistro.
Sono considerati infortuni gli eventi dovuti a causa fortuita, violenta ed esterna, indipendenti dalla volontà dell’assicurato, che producono lesioni fisiche obiettivamente constatabili, le quali abbiano per conseguenza la morte, una invalidità permanente o una inabilità temporanea.
In genere l’assicurazione vale per gli infortuni che l’assicurato subisca nell’esercizio delle occupazioni professionali dichiarate dal contraente e nello svolgimento di ogni altra normale attività che non abbia carattere professionale.
L’impresa determina il premio in base alle dichiarazioni dell’assicurato, che è tenuto a comunicare ogni variazione del rischi.
Sono indennizzabili le conseguenze dell’infortunio quali la morte, l’invalidità permanente e l’inabilità temporanea.
Oggetto dell’assicurazione non è la vita o l’integrità corporale dell’assicurato, ma la sua capacità lavorativa generica ad un qualsiasi lavoro proficuo, indipendentemente dalla professione esercitata.
In caso di morte viene corrisposta l’intera somma assicurata. L’indennità non spetta se la morte avviene trascorso un anno dall’infortunio.
In caso d’invalidità permanente, sempre che questa si verifichi entro un anno dall’infortunio, viene liquidata l’intera somma se è totale, oppure proporzionale all’invalidità parziale.
Mentre in caso di inabilità temporanea viene corrisposta la diaria assicurata dal giorno successivo all’infortunio, interamente, per il tempo in cui l’assicurato si è trovato nell’assoluta incapacità fisica di attendere alle occupazioni dichiarate, ovvero parzialmente, per il tempo in cui l’assicurato ha potuto attendere solo in parte alle sue occupazioni .
Nell’assicurazione privata vige il principio che sono indennizzabili le sole conseguenze dirette ed esclusive dell’infortunio, per cui sono escluse le concause di evento, di lesione e di menomazione, in particolare la concorrenza di lesioni preesistenti non comportano un maggior pregiudizio, vengono però considerate per ridurre l’entità dell’indennizzo se la lesione da infortunio interessa una parte del corpo già menomata.
Oltre che fortuita e violenta, la causa deve essere esterna; l’evento non deve dipendere da condizioni anormali di salute dell’assicurato; sono escluse le lesioni da sforzo, gli avvelenamenti etc.
Orbene, venendo al quesito posto dal nostro lettore, secondo un’impostazione giurisprudenziale più risalente, il cumulo tra indennizzo assicurativo e risarcimento del danno sarebbe possibile.
Il credito risarcitorio vantato nei confronti del responsabile ed il credito indennitario vantato nei confronti del proprio assicuratore privato hanno fonte diversa: il primo ha natura legale, mentre il secondo ha natura contrattuale in quanto frutto di un contratto con il quale l’assicuratore, dietro corrispettivo del premio, si impegna a corrispondere all’assicurato una somma al verificarsi di un determinato evento, al di là della responsabilità per il suo accadimento.
La differente natura dei due crediti escluderebbe che gli stessi possano compensarsi in base al principio della compensatitio lucri cum damno: quest’ultimo, infatti, troverebbe applicazione solo nel caso in cui il vantaggio ed il danno siano entrambi conseguenza immediata e diretta del fatto illecito, quali suoi effetti contrapposti (Cass. n° 1135/99).
Per altra giurisprudenza, il cumulo sarebbe vietato solo nel caso in cui l’assicuratore privato della vittima – con la quale ha stipulato la polizza danni/infortunio – manifesti la volontà di surrogarsi nei diritti di quest’ultima verso il danneggiante ex art. 1916 c.c. diversamente il danneggiato “anche se ha riscosso l’indennizzo, può agire per il risarcimento totale, senza che il responsabile possa opporgli l’avvenuta riscossione” (Cass. n° 22883/04).
Recentemente la Corte di Cassazione è tornata sull’argomento, enunciando il principio dell’impossibilità di cumulare l’indennizzo ed il risarcimento, almeno nel caso di polizza assicurativa contro lesioni non mortali. (Cass. 13233/2014)
Il presupposto logico giuridico è rinvenuto nel fatto che l’assicurazione contro gli infortuni non mortali rientra nell’assicurazione contro i danni, mentre quella stipulata per il caso morte rientra nell’assicurazione vita.
Nell’ambito delle assicurazioni contro i danni vige il principio indennitario, in base al quale la somma riscossa dall’assicurato non può mai superare l’entità effettiva del danno subito, sicché non è possibile cumulare l’indennizzo dovuto dall’assicuratore col risarcimento eventualmente dovuto dal terzo per lo stesso fatto.
Se fosse possibile il cumulo tra indennizzo e risarcimento verrebbe violato il principio di integralità del risarcimento, in virtù del quale il danneggiato non può trovarsi in una condizione patrimoniale più favorevole rispetto a quella in cui si trovava prima di restare vittima del fatto illecito.
Il pagamento dell’indennizzo assicurativo, nell’assicurazione contro i danni, presuppone che esista un danno: se il responsabile risarcisce il danneggiato prima che questi percepisca l’indennizzo, il credito indennitario si estingue per effetto dell’intervenuto risarcimento, che ha di fatto ripianato il danno.
Il medesimo effetto si ha nel caso in cui sia l’indennizzo ad essere erogato prima del risarcimento che, a questo punto, perderebbe la sua funzione di reintegrare il patrimonio del danneggiato allo status quo ante.
La Corte conclude quindi nel senso che “…l’indennizzo dovuto dall’assicuratore e risarcimento dovuto dal responsabile assolvano ad una identica funzione risarcitoria, e non possano essere cumulati: non perchè nel caso di specie non trovi applicazione l’istituto della compensatio lucri cum damno, ma semplicemente perchè non c’è più danno risarcibile per la parte indennizzata dall’assicuratore o viceversa.”
Segnalo per completezza una recentissima sentenza della Suprema Corte di Cassazione nella quale è precisato ulteriormente che l’assicurato è tenuto a provare che il cumulo fra la chiesta indennità e le somme eventualmente da lui già riscosse da altri assicuratori per il medesimo sinistro non superi l’ammontare del danno sofferto in conseguenza di esso, poiché tale circostanza rappresenta un fatto costitutivo del diritto da lui fatto valere, in quanto un danno indennizzabile sussiste solo se esso ricorre.(Cass. 7349/2015)
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