LA VIGILANZA ASSICURATIVA. SVILUPPI E POSSIBILI VANTAGGI. di Emanuele Sigismondi - Il Broker.it

LA VIGILANZA ASSICURATIVA. SVILUPPI E POSSIBILI VANTAGGI. di Emanuele Sigismondi

Manuele sigismondi
Parlare di vigilanza in ambito assicurativo equivale ad addentrarsi in un mondo piuttosto articolato e complesso all’interno del quale vengono espletate funzioni diametralmente opposte l’una dall’altra, con il minimo comune denominatore della soddisfazione dell’utente, si spera.
I compiti attribuiti all’Ivass, autority che, ai sensi del D.L. 6 luglio 2012 n. 95, ha sostituito l’isvap nell’espletamento delle funzioni di vigilanza, sono molteplici: si parte con la vigilanza  strutturale, svolta attraverso i controlli sull’accesso al mercato, passando poi alla vigilanza prudenziale, relativa alla solidità patrimoniale delle singole imprese assicurative, alla vigilanza informativa che integra il controllo sulla trasparenza dei comportamenti assunti dagli attori del mercato, alla vigilanza protettiva, che ha come scopo quello di valutare circa la corretta applicazione della normativa da parte delle imprese. Il reclamo si pone all’interno di questo ultimo tipo di vigilanza e anzi, ne costituisce parte essenziale in termini di numeri e di percentuali
Come dicevo prima e come molti sanno (non tutti come ho avuto tristemente occasione di toccare con mano) l’Ivass ha sostituito l’Isvap anche  sotto l’aspetto della gestione dei reclami. Tutto uguale tranne il nome dell’autority, sembrerebbe a prima vista, ma credo che  fin dal prossimo futuro le cose cambieranno anche in questo senso. Il mutamento infatti, pur resosi necessario da  esigenze di contenimento delle spese, la c.d. spending review, permetterà di uniformare le pratiche di vigilanza, rendendo più omogenei i settori bancario e assicurativo soprattutto in tema di gestione dei reclami, terreno nel quale il settore bancario, pur con tutti i problemi, si è sempre dimostrato più attento. Mi riferisco in particolare alla possibilità di introdurre nell’assicurativo un istituto analogo all’arbitrato bancario e finanziario (ABF, istituito ai sensi dell’articolo 128-bis del Testo Unico Bancario (TUB), introdotto dalla legge 262/2005) ipotesi della quale già si è parlato in passato e che potrebbe prendere seriamente corpo in un futuro immediato, stante la govennace di Ivass posta sotto l’egida di banca d’Italia.
In particolare questo non solo permetterebbe una miglior e più rapida risoluzione delle controversie, con oneri inferiori anche per le compagnie, ma permetterebbe anche una migliore e più proficua  gestione dei reclami. L’arbitrato ha un costo estremamente ridotto (20 euro per il consumatore) e un’ottima percentuale di decisioni che si e (62% favorevoli al consumatore nel 2012) fanno sì che gli stessi reclami siano tenuti in grande considerazione dalle banche. Banca d’Italia, il 29 luglio 2009 ha pubblicato un documento: disposizioni di vigilanza sulla trasparenza dei servizi bancari e finanziari. All’interno del paragrafo 3 di questo documento si fa espresso riferimento ai reclami, imponendo agli intermediari destinatari della disposizione di adottare procedure che garantiscano ai clienti risposte sollecite ed esaustive. Tra queste l’obbligo di garantire una risposta entro 30 giorni e soprattutto, di redigere un rendiconto pubblico annuale, da pubblicare sul sito, sull’attività di gestione dei reclami con relativi dati. La disposizione si chiude stabilendo l’obbligo, da parte del controllo interno, di riferire almeno una volta all’anno ai vertici aziendali relativamente alla situazione complessiva dei reclami e sull’adeguatezza delle soluzioni organizzative adottate.
 
E torniamo dunque al settore assicurativo che forse alle medesime conclusioni era già arrivato prima, potrebbe osservare qualcuno. La possibilità di porre in essere reclami codificata all’interno dell’art 7 del codice delle assicurazioni private (d.lgs 209/2005) ha trovato poi attuazione con il regolamento Isvap numero 24 del 19 maggio 2008 . Il regolamento stabilisce, ai sensi dell’art 9, che “Le imprese di assicurazione autorizzate in Italia riportano tutti i reclami ricevuti in un archivio gestito in forma elettronica” (reg Isvap 24/2008 art.9 c. 1), che “Il responsabile della revisione interna, nell’ambito dell’attività di monitoraggio dell’efficacia ed efficienza del sistema di controlli interni, verifica la correttezza delle procedure di gestione dei reclami di cui al comma 1” (reg Isvap 24/2008 art.9 c. 3) e infine che “La relazione di cui al comma 3… illustra le eventuali carenze organizzative o procedurali e propone gli opportuni interventi correttivi”. Dunque in linea teorica anche le compagnie assicurative archiviano i propri errori per imparare da essi e non ripeterli. E non ripeterli potrebbe anche essere economicamente vantaggioso considerato il fatto che il 94,7% delle ordinanze del 2012 è riferito a sanzioni relative a infrazioni in merito a disposizioni poste a tutela del consumatore.
Se analizziamo i dati Isvap relativamente alle suddette sanzioni del 2012 la situazione appare tutt’altro che rosea.  Nel 2012 sono state 4.471 le ordinanze di ingiunzione emesse  nei confronti delle compagnie per un totale di 50.818.847 euro. Di queste 42.713.739 euro (84%) derivano da sanzioni comminate in materia di illeciti r.c.a. La percentuale dell’84% si riferisce però al valore economico delle sanzioni e, se osserviamo i dati riferiti al numero di ingiunzioni, la percentuale cambia e diventa ancora più impressionante: 89,2% del totale.
Analizzando  i dati ancora più da vicino possiamo notare come il 60,9% del valore economico sanzioni derivi da illeciti commessi in fase di liquidazione (80,1% delle ingiunzioni)  un ulteriore 2% da irregolarità relative alla restituzione dell’attestato di rischio (5,8% delle ingiunzioni). Un 21% poi si riferisce ad altri e non meglio specificati illeciti in materia di r.c.a. (ad esempio non corretta applicazione della normativa relativa all’indennizzo diretto a una non corretta gestione del sinistro nonostante il rispetto formale dei termini) che però rilevano per appena il 3,2% del totale delle ordinanze emesse.
Le altre violazioni, quelle riferite ai sinistri non auto, integrano invece un valore economico del 16% del totale con una percentuale di ingiunzioni del 10,8%.
 
Interessante notare inoltre come, delle 134 ordinanze emesse dall’Ivass al 28 febbraio 2013, tutte relative alla r.c.auto,  ben 129 siano riferite sempre alla medesima criticità: mancato rispetto, per un sinistro del ramo r.c. auto, dei termini per la formulazione dell’offerta di risarcimento al danneggiato ovvero comunicazione dei motivi di diniego della stessa.
Questi dati, analizzati velocemente indurrebbero a pensare al settore r.c.a. come alla pecora nera nel mondo assicurativo. Ci si potrebbe domandare inoltre cosa sia stato fatto dalle compagnie assicurative per migliorare le loro performance in un settore automobilistico, soprattutto nella fase liquidativa, che negli anni appare ancora troppo carente.
 
Tralasciando tutti gli aspetti relativi alla grande importanza del comparto motor nella crescita del settore, la preponderanza delle sanzioni riflette il rapporto in percentuale di sinistri r.c.a rispetto agli altri rami e risente, soprattutto, della precisa e completa regolamentazione in materia da parte del Codice delle assicurazioni (il titolo X del codice delle assicurazioni comprende gli articoli dal 122 art 160), unica e per certi versi “sproporzionata” rispetto agli altri rami.  Tra tutto  spicca l’articolo 148 che, con precisione, fissa dei termini perentori per la liquidazione: 60 giorni per i danni materiali, ridotti a 30 in caso di modulo di denuncia sottoscritto e accettato da entrambe le parti (d.lgs 209/2005 art 148 comma 1) 90 giorni per i danni fisici da momento della completa ricezione della documentazione richiesta (d.lgs 209/2005 art 148 comma 2). È molto semplice, dunque, per il ricorrente dimostrare la posizione di sanzionabilità dell’impresa assicurativa, molto più semplice rispetto agli altri rami dove i termini sono legati a usi di settore difficilmente dimostrabili se non in casi macroscopici. I rami non auto, che pure pesano in termini sanzionatori per un non irrilevante 10,8%, come visto, soffrono di una poverissima regolamentazione della fase liquidativa che rende estremamente difficile per l’assicurato mettere a fuoco le esatte ragioni per le quali reclamare. Così non reclama perché lo ritiene inutile, questo però non vuol dire che le problematiche non ci siano o che i liquidatori di altri rami siano più virtuosi verso la clientela.
Oltretutto nel settore r.c.a. è ancora molto importante il ruolo del giudice di pace, competente ai sensi dell’art 7 c.p.c. entro un valore di  20.000 euro. Ben difficilmente dunque uno stakeholder che vorrà vedere riconosciuto il proprio diritto risarcitorio proporrà reclamo, preferendo, in maniera molto concreta, agire di fronte al giudice di pace, data l’entità media del danno materiale di una macchina. L’avente diritto che decide di avviare una procedura di reclamo di fronte all’autority lo fa per regioni diverse, di solito quando il rapporto si è ormai irrimediabilmente compromesso e non è più recuperabile, per provocare un danno, economico e reputazionale, alla compagnia assicurativa indipendentemente  dalla possibilità di ricevere il proprio risarcimento in termini immediati;  il reclamo Isvap/Ivass ha infatti come conseguenza diretta una sanzione nei confronti della compagnia, non l’obbligo per la stessa di procedere al risarcimento (questa normalmente è una conseguenza indiretta, ma non sempre), non entra nel merito ma si limita a sanzionare valutando la corretta applicazione delle regole del gioco.
Il reclamo interno proposto ai sensi del regolamento 24/2008, dunque, proprio in quanto prodromico a un’azione verso l’autority, non può essere in alcun modo paragonato al reclamo necessario per adire all’arbitrato bancario, che invece sì è uno strumento idoneo a ottenere la soddisfazione delle proprie ragioni. Pertanto il reclamo assicurativo non riflette, se non per una percentuale estremamente deficitaria, i reali disagi dell’utente nel suo rapporto con la compagnia.
È molto difficile tracciare un bilancio su quello che le assicurazioni possono aver fatto o non fatto in termini di raccolta dati e in termini di proposta di soluzioni correttive. Una compagnia vive di elaborazione dei dati e soluzioni ne sono senza dubbio state proposte, qualcuna forse attuata, ma per arrivare a un reale cambiamento nella gestione dei reclami occorre la volontà di un cambio completo di paradigma. Il fatto che si parli ancora del settore assicurativo come di uno dei meno sviluppati degli ultimi dieci anni dovrebbe far riflettere parecchio.
Di qui l’importanza di introdurre, anche nel mondo Insurance, un istituto che possa veramente servire all’utente nel suo rapporto con la compagnia per una difesa effettiva delle proprie ragioni e alla compagnia per capire quali sono effettivamente i comportamenti da migliorare o da risistemare per essere sempre più  vicina alle vere necessità dell’utente e alle richieste di un mercato snello e in continuo mutamento.
 
di Emanuele Sigismondi

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