Pubblichiamo con piacere il primo editoriale dell’Avv. Gian Carlo Soave su la tematica dell’Outlet Legale.
AVVOCATI E PUBBLICITA’
Navigando su internet ho avuto una sorpresa non gradita, sulla quale mi permetto formulare la mia personalissima opinione.
Mi sono, infatti, imbattuto in un sito che, tramite il suo staff, si occupa di cercare avvocati, confrontando le tariffe professionali dei legali operanti sul “mercato italiano” allo scopo di fornire il miglior preventivo per la consulenza della quale si necessita.
Per l’attività di comparazione – “servizio di scouting” – il cliente versa un importo contestualmente all’invio della richiesta di erogazione del suddetto servizio.
Il corrispettivo per la consulenza resa dall’avvocato, così individuato, viene poi riscosso direttamente dal legale che seguirà la pratica.
Il fine è “individuare l’avvocato più economico” entro 48 ore dal pagamento del servizio di comparazione, in un raggio di massimo 50 chilometri rispetto al luogo in cui si trova il potenziale cliente.
Il sito prospetta un risparmio anche maggiore del 70% rispetto alla media delle tariffe, con possibilità per l’utente non soddisfatto del servizio di cambiare fino ad un massimo di tre avvocati.
Ma dov’è finito il prestigio della professione? Dov’è finito il decoro?
E’ vero che in tempi di crisi anche l’ammontare della parcella ha il suo peso, ma di certo non può costituire l’unico criterio di scelta del professionista.
Intanto voglio sottolineare che il servizio offerto prevede un doppio pagamento: quello per la comparazione per arrivare all’individuazione del legale che fa al caso del cliente e quello della parcella del legale stesso.
Inoltre, il sito mette in evidenza solo prezzi scontati ma non contiene alcuna informativa professionale, limitandosi a proporre “un avvocato serio e competente, garantito da un sistema di feedback”. L’avvocato resta anonimo nella fase dell’offerta e viene utilizzato uno “staff” che percepisce un compenso per effettuarne la ricerca.
Le tariffe indicate sono generali, determinate forfetariamente senza alcuna proporzione all’attività da svolgere e non tenendo conto della complessità del problema e della causa che si va ad affrontare.
L’importo fisso, infatti, non permette di adeguare il compenso al valore ed all’importanza della singola pratica e non considera le possibili evoluzioni del caso, il cui andamento può essere influenzato da vari fattori, comunque impossibili da prevedere in anticipo.
Il messaggio, inoltre, è formulato con modalità attrattive della clientela e con mezzi suggestivi, incompatibili con la dignità e il decoro del professionista.
L’importo è svilente, penalizza l’impegno e la capacità del legale, diffondendo nell’immaginario collettivo una visione distorta perché, alla fine, il messaggio è che l’importante sia trovare un avvocato che costi poco, la cui qualità professionale – però – è tutta da dimostrare.
Oggi la pubblicità informativa relativa alla professione legale è libera, ma non è sempre stato così.
In passato era vietata qualsiasi forma di pubblicità, ritenuta deprecabile e sanzionabile; poi si è progressivamente consentito all’avvocato di fornire informazioni sulla propria attività professionale.
Con il “decreto Bersani” (2006) è stato abrogato il divieto di pubblicità informativa in relazione ai titoli, alle specializzazioni ed ai prezzi.
Con la riforma dell’ordinamento forense le informazioni che possono essere diffuse – con qualunque mezzo – riguardano la propria attività professionale, eventuali specializzazioni e titoli ma sono esclusi i prezzi delle prestazioni.
La ragione della reintroduzione del divieto di indicare il prezzo delle prestazioni risponde, probabilmente, ad un sentire della maggioranza degli avvocati che considera riprovevole l’indicazione dei prezzi, specie se troppo bassi.
Il CNF, con sentenza del 21.05.2016, ha ribadito che nelle “comunicazioni al pubblico” non devono essere indicati i prezzi praticati dallo studio, né le eventuali competenze né possono essere applicate tariffe popolari, “tariffe infime” o “a forfait”.
Il CNF richiama, dunque, il decoro dell’attività forense che sarebbe sminuita in caso di prestazioni professionali a prezzi modici ed evidenzia che il motivo principale di tale disposizione è la volontà di eliminare la possibilità di concorrenza tra Colleghi.
Diciamo pure che il termine “infimo” non è certo tra i più felici.
Una tariffa contenuta, anche modesta, può essere, infatti, concordata con clienti aventi disponibilità economiche limitate.
Ritengo, piuttosto, che la parcella debba essere stabilita a seconda del caso concreto, non essendo possibile fissare un importo fisso per pratiche aventi la medesima natura.
Affermare, infatti, che l’importo richiesto per una pratica da trattare sia sempre il medesimo è ingannevole per il cliente che facilmente dovrà, alla fine, corrispondere una somma superiore a quella prospettata qualora il suo caso non sia di pronta soluzione.
Sarebbe opportuno che la dignità della professione e la sua insita e necessaria eleganza ritornassero ad essere elementi primari nell’esercizio di tale funzione.
L’Avvocato, è e deve essere colui che assume su di sé i problemi del patrocinato e che “sappia comprendere gli altri uomini, assumere su di sé i loro dolori e sentire le loro angosce” (Piero Calamandrei).
Avv. Gian Carlo Soave.
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