Il tema non è certo nuovo, c’è stato un referendum nel 1995 e Bersani ci ha provato, senza successo, ad abolire il PRA prima nel 2000 e poi nel 2007 ma fino ad ora nulla è successo.
Da qualche tempo però se ne sente insistentemente parlare in conversazioni private, e a bassa voce, con Compagnie, Broker e altri soggetti legati a vario titolo al mondo auto.
In tempi di continua spending review la duplicazione di funzioni coperte da ACI da un lato e Motorizzazione Civile dall’altro comporta costi, e quindi l’ennesimo balzello per i cittadini, difficilmente giustificabili. E forse, questa volta, i nodi verranno davvero al pettine.
Come scrive Sergio Rizzo su Corriere Economia ACI è “L’unica federazione sportiva dipendente dal Coni che oltre a gestire per legge una funzione statale obbligatoria per i cittadini riscuote pure una imposta: il bollo auto. Ovviamente non gratis. Per la riscossione di quella tassa ha incassato lo scorso anno 41 milioni, che sommati ai 191 introitati grazie alla gestione del Pubblico registro automobilistico fanno 232 milioni. Somma alla quale vanno aggiunti 14 milioni di ricavi «diversi» dalle amministrazioni statali e dalle Regioni per i servizi di informazione sulla mobilità. Totale del fatturato pubblico, 246 milioni: vale a dire l’84,8 per cento delle entrate complessive, risultate pari a 290 milioni. Proporzioni che ben descrivono l’anomalia della quale stiamo parlando, ma non dicono proprio tutto. Perché se fino a qualche anno fa i soldi comunque giravano, la botta che negli ultimi tempi ha preso il mercato dell’auto, sceso ai livelli di cinquant’anni fa, ha fatto emergere di colpo tutto il peso di una struttura elefantiaca: tremila dipendenti, 106 strutture provinciali e Dio solo sa quante società appese. L’Aci nazionale controlla innanzitutto la Sara assicurazioni” e già questa ci sembra un’anomalia e una turbativa del libero mercato da non sottovalutare “cui fanno capo altre nove partecipazioni. C’è il 21% della compagnia turistica Valtur di Carmelo Patti, finita in amministrazione straordinaria. C’è il 10% della società finanziaria Zenit. C’è l’87% della Ala assicurazioni e il 100% della Sara vita. Nonché una piccola quota in Nomisma, il centro studi bolognese fondato da Romano Prodi. Ma non è finita di sicuro qui. Nel portafoglio dell’Aci c’è per esempio l’Aci informatica, cui era stata assegnata l’architettura informatica del costosissimo sito turistico nazionale Italia.it, protagonista di innumerevoli disavventure. E poi una impresa di progettazione, studi e consulenze (Aci Consult), quindi la società proprietaria dell’autodromo di Vallelunga nei pressi di Roma (Aci Vallelunga), una ditta di «assistenza tecnica ai veicoli e assistenza sanitaria alla persona» (Aci Global), una immobiliare (Aci Progei), una società sportiva (Aci sport) e un’agenzia di viaggi (Ventura). Ciliegina sulla torta, la joint venture al 50 per cento con la casa editrice di Silvio Berlusconi (Aci Mondadori), costituita nel 2000: il bilancio dello scorso anno si è chiuso con una perdita di 257 mila euro. E non è stato il solo buco.“.
Insomma dai rumor di corridoio siamo già arrivati a un pezzo molto circostanziato sul Corriere che vi consigliamo di leggere integralmente non potendolo noi citare per intero.
Sia chiaro, non abbiamo nulla di personale contro Aci – anzi ci sembra, ad esempio, che le compagnie apprezzino molto e traggano vantaggio dai servizi offerti da ACI Global – ma il carrozzone è molto più ampio, il tema sta montando è chissà dove ci porterà…
Vi suggeriamo di leggere QUI L’ARTICOLO INTEGRALE di Sergio Rizzo per Corriere Economia.
Massimo Rosa
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