"Claims made" di Avv. Salvatore Iannitti e Avv. Benedetta Orsini - Il Broker.it

“Claims made” di Avv. Salvatore Iannitti e Avv. Benedetta Orsini

Indro Montanelli non si offenderà se, come per uno dei più noti esponenti della Balena Bianca, anche per la clausola claims made mutuiamo lo stesso soprannome: “Rieccola!”

Non passa infatti anno senza commentare sentenze e pronunce di giurisprudenza in merito ad una delle clausole che tanto ha fatto riflettere, analizzare e scrivere giudici di ogni grado, dottrina, associazioni dei consumatori e tutti i vari esponenti del settore assicurativo. Spina nel fianco e allo stesso tempo chiave di volta della complessa architettura della responsabilità civile, la clausola claims made, importata dal mondo anglosassone quale alternativa al modello tipico di cui all’art. 1917 c.c.,  supportata da chi ne ha fin da subito intravisto i notevoli – e indubbi – vantaggi, ha avuto – come ben sappiamo – un’evoluzione travagliata nel nostro ordinamento: dapprima guardata con sospetto e circospezione, oggetto di analisi radiografiche sulla sua natura ed essenza, oggi completamente sdoganata dallo stesso legislatore che pragmaticamente ne utilizza i benefici.

L’esistenza del rischio.

Uno dei motivi da cui si origina la querelle sulla clausola claims made era il potenziale contrasto con l’art. 1895 c.c. (inesistenza del rischio), per il fatto che in copertura rientrassero non già le condotte potenzialmente generatrici di danno dell’assicurato nei confronti di terzi, (giacché queste già si erano avverate, seppur ad insaputa dell’assicurato) ma le richieste risarcitorie dei terzi danneggiati. Si riteneva quindi che attraverso la clausola claims made non si realizzasse quel trasferimento del rischio in capo all’assicuratore, causa del contratto di assicurazione. L’excursus giurisprudenziale e le riflessioni condotte dalla dottrina, hanno portato invece al definitivo chiarimento che il rischio dell’aggressione al patrimonio dell’assicurato non si esaurisce nella condotta materiale dell’assicurato/danneggiante, ma si forma in modo progressivo: ossia affinché il rischio si realizzi e concretizzi è necessaria, oltre alla condotta colposa dell’assicurato, l’ulteriore elemento della volontà del danneggiato di chiedere il risarcimento.

Le riflessioni condotte dalla Cassazione negli anni affermano e descrivono la compatibilità della clausola claims made rispetto al modello codicistico; e tuttavia ciò non vuol significare – come invece da qualche parte sostenuto – che per effetto della clausola claims made siano ricomprese in copertura tutte le fattispecie di danno che si materializzano a seguito di una condanna per responsabilità civile, occorsa successivamente a una richiesta di risarcimento già proposta (sicché la copertura opererebbe per le condanne intervenute relativamente a richieste di risarcimento pregresse all’inizio del periodo di copertura).

 

Avv. Salvatore Iannitti e Avv. Benedetta Orsini per la redazione ILBROKER.IT

 

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