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Con ordinanza n. 6392/2020, la Cassazione ha stabilito che, in caso di danni subiti per colpa dei cani randagi, la responsabilità è dell’ente avente il dovere di prevenire il pericolo per l’incolumità della popolazione attraverso la cattura e la custodia degli stessi.
Nel caso in esame, un ciclista citava in giudizio il Comune e una S.p.a per sentirli condannare al risarcimento delle lesioni riportate a seguito della caduta dalla bicicletta per l’assalto di un cane. Il Tribunale condannava il Comune a pagare il risarcimento del danno, ma dichiarava il difetto di legittimazione passiva della S.p.a.
In secondo grado, a seguito dell’appello presentato dal Comune, veniva riformata la sentenza di primo grado, ritenendosi in capo alla A.s.l locale il dovere di provvedere alla vigilanza del fenomeno del randagismo, mentre nessuna responsabilità veniva attribuita al Comune avente il compito di realizzare e garantire la presenza di strutture per il ricovero e la custodia dei cani e di creare sul territorio un rapporto corretto tra uomo e animali.
Non veniva ravvisata la responsabilità del Comune neppure per la presenza di cassonetti dell’immondizia sulla carreggiata, in quanto ben visibili: si riteneva, infatti, che la caduta del ciclista si fosse verificata a causa dei cani randagi e non per la presenza dei cassonetti.
Il ciclista ricorreva in Cassazione contestando la conclusione del giudice di merito sulla responsabilità esclusiva della A.s.l circa i compiti di vigilanza e controllo sul fenomeno del randagismo ed evidenziando che spetta al Comune controllare e vigilare il territorio e applicare correttamente la normativa in materia di randagismo.
Inoltre, lamentava l’omesso esame di un fatto decisivo, ovverosia il fatto che la Corte di Appello non aveva considerato provata la natura randagia del cane.
Ed ancora lamentava l’errata applicazione dell’art. 2051 c.c. in luogo dell’art. 2043 c.c. e la mancata considerazione della condotta colposa omissiva del Comune nel produrre il danno in quanto i cassonetti erano sulla strada e non sulla piazzola a ciò destinata.
Gli Ermellini rigettano il ricorso ritenendo che “la responsabilità civile per i danni causati dai cani randagi spetta esclusivamente all’ente o agli enti, cui le singole leggi regionali, attuative della legge quadro nazionale n. 281 del 1991, attribuiscono il dovere di prevenire il pericolo specifico per l’incolumità della popolazione, e cioè il compito della cattura e della custodia dei cani vaganti e randagi.”
Nella fattispecie l’art.12 comma 2 della legge n. 41/1990 della Regione Calabria attribuisce questo dovere di prevenzione al Servizio veterinario istituito presso le unità sanitarie locali, ora aziende locali.
Infine, secondo la Suprema Corte, il giudice del merito ha correttamente applicato l’art. 2051 c.c., accertando l’inesistenza del nesso tra cassonetti e caduta del ciclista, con la conseguenza di rendere irrilevante ogni indagine sulla condotta del Comune a riguardo.
Avv. Gian Carlo Soave.
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