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Avv. Patricia Russo – Avvocato della Famiglia – Separazione e diritto di abitazione

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 15277/2019, si è pronunciata in tema di diritto di abitazione nel caso di separazione dei coniugi.

L’art. 540 comma 2 c.c. prevede che al coniuge del defunto sia riservato il diritto di abitazione “sulla casa adibita a residenza familiare“, nonché quello di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni.

Gli Ermellini hanno affermato che detto diritto non spetta al coniuge superstite qualora vi sia stata separazione legale dal de cuius, in quanto il presupposto necessario per godere del diritto è l’effettiva esistenza, al momento dell’apertura della successione, di una casa adibita ad abitazione familiare: situazione non sussistente laddove sia venuta meno la convivenza tra i coniugi dopo la separazione.

Nel caso in oggetto l’ex moglie aveva esercitato l’azione di riduzione in riferimento alla successione del coniuge separato.

Il ricorso era stato ritenuto inammissibile dai giudici di merito.

Il de cuius aveva disposto con testamento in favore del coniuge un legato di usufrutto generale, qualificato dai giudici di merito legato in sostituzione di legittima.

La Corte d’Appello riteneva che la ex moglie avesse rinunciato al legato tardivamente, ovverosia dopo il compimento di atti di disposizione del diritto consistenti nel continuare ad abitare nella ex casa coniugale, compresa nell’usufrutto.

La ricorrente si difende sostenendo che l’utilizzo dell’appartamento da parte sua non fosse configurabile quale esercizio del diritto di usufrutto ma quale esercizio del diritto di abitazione ex art. 540 c.c., comma 2, in quanto l’immobile non era altro che la casa coniugale che ella utilizzava come propria abitazione in forza degli accordi di separazione.

Secondo la Suprema Corte le argomentazioni della ricorrente non sono fondate.

Sull’argomento esistono orientamenti contrastanti: la dottrina prevalente non ritiene che la separazione sia di ostacolo al riconoscimento dei diritti sulla casa familiare a favore del coniuge (cui non sia stata addebitata la separazione) che, quindi, manterrebbe gli stessi diritti successori del coniuge non separato.

Di contro “la giurisprudenza di legittimità… ravvisa nella separazione personale un ostacolo insormontabile al sorgere dei diritti d’abitazione e d’uso”, in quanto l’impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare farebbe venir meno il presupposto necessario per l’attribuzione dei diritti in parola.

Si rammenta in tal senso la sentenza n. 13407/2014 della Corte di cassazione secondo cui

“in caso di separazione personale dei coniugi e di cessazione della convivenza, l’impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare faccia venire meno il presupposto oggettivo richiesto ai fini dell’attribuzione dei diritti in parola. Se, infatti, per le ragioni esposte, il diritto di abitazione (e il correlato diritto d’uso sui mobili) in favore del coniuge superstite può avere ad oggetto esclusivamente l’immobile concretamente utilizzato prima della morte del de cuius come residenza familiare, è evidente che l’applicabilità della norma in esame è condizionata all’effettiva esistenza, al momento dell’apertura della successione, di una casa adibita ad abitazione familiare; evenienza che non ricorre allorché, a seguito della separazione personale, sia cessato lo stato di convivenza tra i coniugi”.

Secondo gli Ermellini, quindi, detto principio non può essere invalidato dal fatto che l’attribuzione della casa familiare sia stata concordata nella separazione consensuale omologata, in quanto non sussiste alcuna convivenza tra i coniugi al momento dell’apertura della successione.

Avv. Patricia Russo

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