Nonostante la crescita preoccupante delle minacce informatiche, l’Italia è ancora lontana dal colmare il gap di risorse e di mentalità con altri Paesi. “Le università non stanno formando un numero adeguato di persone per quella che è la richiesta, in costante crescita”, spiega Mirko Gatto, AD di Yarix che fa parte del First, rete di protezione globale che riunisce player come Nasa, Apple e Google. E il mercato italiano non è in grado di trattenere quelli bravi.
“In Germania un servizio di cyber assessment svolto da un esperto sotto i 30 anni costa 1.600 euro al giorno, quasi tre volte quello che viene pagato in Italia. E’ chiaro che qui chi fa lo stesso lavoro prenderà un terzo, se non meno, di un collega tedesco”, dice Andrea Zapparoli Manzoni, senior manager della divisione Information risk management di Kpmg Advisory.
In Italia un manager della cybersecurity può guadagnare meno di un giovane con un paio di anni di esperienza a Londra. Eppure spesso non sono i soldi a determinare il trasferimento.
“La gente non va all’estero perché la coprono d’oro, ma perché ci sono lavori più interessanti” secondo Lorenzo Cavallaro, 40 anni, professore di sicurezza informatica alla Royal Holloway, University of London, “dove senza conoscere nessuno ho preso per due progetti di ricerca 1,5 milioni di sterline” con cui ha fondato il Systems Security Research Lab focalizzato sulla sicurezza dei sistemi informatici.
Così all’estero di italiani che fanno sicurezza informatica ce ne sono tanti, come sottolinea Michele Colajanni, docente di ingegneria informatica all’Università di Modena e Reggio: “E’ impressionante quanta della cyber-difesa della Gran Bretagna, per esempio, sia fatta da nostri ragazzi”.
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Cybersecurity, Italia forma pochi esperti e quelli bravi vanno all'estero
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