Question time: Famiglia e Assicurazioni di Avv. Patricia Russo - Il Broker.it

Question time: Famiglia e Assicurazioni di Avv. Patricia Russo

Patricia Russo

Domanda: Buongiorno Avvocato. Mia cognata, malata di Alzheimer, aveva stipulato in vita una polizza di investimento in favore di un’amica d’infanzia. Vorrei sapere se la polizza è valida e se cade in successione. 
Risposta: Gentile Signore, rispondo con piacere alla Sua domanda.
Immagino che la volontà di Sua cognata fosse quella di beneficiare l’amica evitando che il lascito cadesse in successione.
Devo, infatti, innanzitutto premettere che le polizze non entrano nell’asse ereditario in quanto sono contratti con cui un soggetto (c.d. contraente-assicurato), previo pagamento periodico di un premio alla Compagnia di Assicurazione, garantisce ad un terzo (beneficiario) la corresponsione di una somma di denaro al verificarsi di un evento legato alla vita dell’assicurato medesimo, quale -ad esempio – la morte.
Il beneficiario, quindi, non acquista il diritto al pagamento dell’indennità in forza della successione ereditaria, ma iure proprio grazie al contratto di assicurazione.
La designazione, per mezzo della polizza vita, dell’amica quale beneficiaria si presume compiuta per spirito di liberalità e la fattispecie si configura quindi come donazione indiretta.
Va precisato che quando la donazione è compiuta da un soggetto incapace essa è annullabile a prescindere dall’eventuale pregiudizio che possa averne avuto il soggetto disponente.
Il punto nodale riguarda, pertanto, la circostanza che la polizza – posta in essere per spirito di liberalità – sia stata stipulata da un soggetto incapace di intendere e volere, quale era Sua cognata affetta da grave malattia invalidante.
In tale ipotesi, secondo la Corte di Cassazione (sentenza n. 3263/2016), la polizza vita, stipulata da un soggetto incapace di intendere e di volere in favore di un terzo beneficiario non legato al primo da un vincolo di mantenimento, è annullabile.
In particolare gli Ermellini qualificano le polizze vita in oggetto come strumenti aventi “contenuto finanziario ed assicurativo”, in quanto l’indennizzo spettante al beneficiario è costituito dal capitale risultante dall’investimento finanziario al momento della morte della stipulante la polizza stessa.
Poiché quest’ultima aveva individuato, quali beneficiari, soggetti terzi (diversi dai propri eredi) non legati a lei da vincoli di mantenimento o dipendenza economica, la Suprema Corte ha ritenuto che ci si trovasse di fronte ad una assicurazione sulla vita in favore di terzi assimilabile ad una donazione indiretta.
Con la designazione come beneficiari, i terzi acquisiscono “un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione”, che, a seguito del decesso dell’assicurato, diviene “definitivo”, con l’attribuzione in loro favore delle somme da parte della Compagnia.
La Suprema Corte ha, dunque, accolto il ricorso degli eredi, affermando il loro diritto ad impugnare le polizze ai sensi dell’art. 775 c.c. per l’annullamento degli atti di donazione compiuti da soggetto incapace naturale.
In tal modo, essendo consentito l’annullamento dell’atto “a prescindere dal pregiudizio” che il soggetto incapace naturale possa avere risentito, viene alleggerito l’onere probatorio degli eredi che, per far valere le proprie ragioni, non dovranno esperire l’azione generale di annullamento dei contratti conclusi dall’incapace ex art. 1425 c.c..
Tale norma prevede, infatti, che venga fornita la prova del “grave pregiudizio all’autore” nonché la “malafede dell’altro contraente: requisiti che spesso hanno comportato gravi difficoltà probatorie tanto da scoraggiare l’esercizio delle relative azioni.
 Avv. Patricia Russo

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