Spesso accade che si verifichino situazioni spiacevoli tra l’assicurato e la propria Compagnia nel momento in cui quest’ultima si trovi a negare la liquidazione del risarcimento, contestando al proprio assicurato una condotta non corretta, tenuta al momento della stipula del contratto di assicurazione.
Si pensi, ad esempio, all’ipotesi di polizza malattia o infortuni in cui, in occasione della liquidazione ed anzi nel corso degli accertamenti condotti circa le modalità di verificazione del sinistro denunciato, emergano stati patologici pregressi non dichiarati dal soggetto all’atto della stipula che comportano, da parte delle Imprese, il rigetto della richiesta risarcitoria.
Questi casi di asimmetrie informative – ovvero le situazioni in cui la situazione reale non corrisponde a quella dichiarata – purtroppo, spesso connotano il rapporto tra l’impresa ed il cliente, tant’è che la legge ha apprestato una vera e propria tutela giuridica per dirimere i contrasti che possono nascere in questi casi.
Infatti, la fase delle trattative precontrattuali, essendo per sua stessa natura, molto complessa e delicata, poiché da quella dipenderà buona parte se non tutta la sorte del contratto stipulato, necessita imprescindibilmente della massima e reciproca collaborazione tra le parti.
Infatti, se da un lato sarà necessario garantire al contraente l’individuazione della soluzione assicurativa più confacente alle sue esigenze, descrivendo e analizzando in maniera approfondita le caratteristiche del prodotto assicurativo individuato -con particolare attenzione anche alla disamina dei limiti, delle franchigie e delle esclusioni previste in polizza, poiché sempre più spesso diventano terreno fertile per contestazioni e vertenze- allo stesso modo, sarà opportuno che il contraente descriva precisamente le proprie necessità e dia ogni informazione ritenuta indispensabile alla corretta profilazione, da parte dell’assicuratore, del rischio oggetto di polizza.
Proprio al fine di ridurre al minimo le problematiche inerenti le asimmetrie informative sono stati inseriti nel codice civile gli artt. 1892, 1893 e 1894 che disciplinano espressamente le ipotesi di false, inesatte o reticenti informazioni rese all’assicuratore nella fase precontrattuale, caratterizzandosi – data la loro importanza e stante altresì la gravità della situazione sottesa – per avere un contenuto particolarmente sanzionatorio.
In particolare, l’art. 1892 c.c1 disciplina la fattispecie più grave, poiché prevede che la condotta del soggetto-contraente sia connotata da dolo o colpa grave; i presupposti fondamentali che emergono dalla lettura della norma citata in nota sono l’inesattezza o la reticenza qualificanti il contenuto dell’informazione, l’essenzialità intesa in termini di rilevanza della/e dichiarazione/i sulla formazione del consenso dell’assicuratore. In questo senso, ovvero sul requisito della rilevanza delle dichiarazioni ai fini della formazione della volontà contraendi in capo all’assicuratore, la dottrina dominante ha avuto modo di affermare che tale caratteristica deve riferirsi alle dichiarazioni del contraente utili ai fini della rappresentazione del rischio al momento della conclusione del contratto, indipendentemente dal sinistro poi verificatosi.
Rimane, ovviamente, inteso che i requisiti di inesattezza e reticenza non si possano configurare con riferimento a quelle circostanze ignorate dalle parte, poiché il fondamento della norma risiede nell’onere di dichiarare esattamente le circostanze note; allo stesso modo, la disposizione in commento non si applica in relazione alle circostanze notorie, ovvero tutti quei fatti che per loro stessa natura e portata generale l’assicuratore conosce o avrebbe dovuto conoscere al momento della conclusione del contratto.
Proprio in relazione al requisito della rilevanza delle informazioni rese all’assicuratore, non può tacersi il fatto che gravi anche su quest’ultimo soggetto un onere, poiché le informazioni utili a individuare la soluzione più confacente alle esigente del contraente dovranno essere espressamente richieste dall’assicuratore, senza che questi possa o debba far affidamento alla spontaneità del soggetto.
Proprio in ragione di ciò, si è sviluppata una prassi applicativa che ricorre all’uso di questionari appositi finalizzati a gestire il dialogo contrattuale.
Tali moduli dovrebbero contemplare tutte le domande relative alle informazioni, ai dati ed agli elementi riferibili al futuro contraente ritenute utili ai fini della corretta rappresentazione del rischio2.
In tal modo -ed in linea ovviamente teorica- quanto più è accurato il questionario sottoposto al cliente, tanto meno saranno i rischi che si verifichino le asimmetrie informative di cui si accennava sopra; infatti, ogni qual volta ci si trovasse di fronte ad una o più risposte inesatte, dovrebbe ritenersi che le stesse siano state rese con dolo o colpa grave.
È chiaro che tale ragionamento non si fregia di sillogicità perfetta, tanto più che la normativa pone a carico dell’assicuratore la prova circa la condotta dolosa o gravemente colposa del proprio assicurato.
Invero, ad esempio, in alcune polizze vita, malattia e/o infortunio, non sarebbe necessario dettagliare ogni singolo stato patologico o morboso ritenuto influente sul rischio, risultando sufficiente la richiesta di indicare se al momento della sottoscrizione vi fossero in atto quegli stessi stati: risulterebbe, così, la mala fede del contraente laddove vi fosse stata l’omissione in ordine al proprio stato di salute.
Inoltre, l’elemento soggettivo, il dolo, richiesto dalla norma in commento ha una portata più ampia di quella prevista in generale per i vizi della volontà rilevanti ai fini della disciplina sull’annullamento del contratto (cfr. artt. 1427 e ss. c.c.), proprio perchè comprende anche la semplice reticenza, non contemplata, invece, nella normativa generale. Infatti, la normativa dettata dalle zionii in commento, pur evidenziando un apparente rapporto di correlazione con quella generale, introduce una disciplina autonoma avente ad oggetto specificatamente la dinamica delle dichiarazioni precontrattuali e non in generale l’insieme delle condotte tenute dalle parti in vista del perfezionamento del contratto.
E, quindi, in altri termini in caso di dichiarazioni false o reticenti sul rischio oggetto di copertura, si applicheranno in particolare i rimedi di cui agli artt. 1892 e 18933 c.c. che, infatti, prevedono una tutela più incisiva rispetto alla disciplina generale dettata in materia di responsabilità precontrattuale (artt. 1337 e 1338 c.c.), che di vizi del consenso (art. 1427 c.c.), fissando un termine di decadenza (sempre di tre mesi, ma per l’annullamento del contratto nel primo caso e per il recesso, nel secondo) decorso il quale l’assicuratore dovrà considerarsi, di fatto, disponibile a mantenere in vita la polizza.
Particolarmente significativo al fine di chiarire la reale portata della norma in commento è il caso affrontato dal Tribunale di Massa (sentenza n. 508/17.09.13) che ha preso in esame la vicenda di un uomo che aveva stipulato una polizza vita indicando come beneficiario il coniuge; venuto a mancare Tizio la moglie domandava la liquidazione del capitale di cui alla polizza sottoscritta dal marito, ma la Compagnia negava l’operatività del contratto, evidenziando che dalla cartella clinica, acquisita a seguito del decesso per meningoencefalite da pneumococco, era risultata la tossicodipendenza nonché l’esistenza di un’epatite del contraente fino all’età di 27 anni, sottaciuta al momento della stipula della polizza. La signora contestava che tali stati morbosi, oltre che essere cessati da anni, non potessero essere messi in connessione con la patologia che aveva causato la morte del marito, poiché non era stata rilevata alcuna rilevanza causale tra gli stessi e la causa del decesso.
Senza ripercorrere tutte le tappe affrontate dal tribunale per giungere alla pronuncia citata, merita attenzione l’argomento ritenuto determinante ai fini decisori, ovvero che le reticenze del contraente, secondo un giudizio probabilistico, avrebbero alterato in modo significativo il rischio reale rispetto a quello desumibile dalle dichiarazioni rese, incidendo sul momento della formazione del consenso dell’assicuratore alla conclusione del contratto; conseguentemente, è stato affermato che nessuna rilevanza doveva essere data all’inesistenza del nesso causale tra la pregressa patologia e quella che ha causato l’evento infausto, poiché il giudizio a cui era chiamato il tribunale doveva essere incentrato sul fatto che la fase precontrattuale di formazione del contratto era stata viziata dalle false dichiarazioni di Tizio e a cui deve per legge conseguire l’annullamento del contratto ex art. 1892 c.c..
Dall’analisi del caso sottoposto all’esame dei giudici toscani, si comprende come sia oltremodo rilevante la mendacia o la reticenza al momento della stipula, rilevanza su cui si innesta la portata sanzionatoria della disposizione di cui all’art. 1892 c.c., tanto che il contratto sarà annullabile a prescindere dall’eventuale verificazione del sinistro e, perciò, indipendentemente dal fatto che il sinistro sia o meno connesso eziologicamente alle circostanze falsamente dichiarate od omesse.
Sarà, quindi, indispensabile prestare molta attenzione alla compilazione del questionario, nonché ad ogni altra dichiarazione resa nel momento in cui ci si determina a stipulare una polizza assicurativa; le dichiarazioni, infatti, assumono un valore essenziale, in quanto la corrispondenza tra il rischio reale e il rischio rappresentato dal contraente costituisce e costituirà il presupposto di validità del contratto.
Avv. Annalisa Righini
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