Coface – ULTERIORI LIMITAZIONI DEL MERCATO PETROLIFERO - Il Broker.it

Coface – ULTERIORI LIMITAZIONI DEL MERCATO PETROLIFERO

 

All’inizio di aprile Arabia Saudita, Iraq, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Kazakistan, Algeria e Oman hanno annunciato tagli coordinati alla produzione di petrolio per oltre 1,1 milioni di barili al giorno, cogliendo di sorpresa i mercati. Questo impegno segue un primo taglio della produzione annunciato a ottobre 2022 dall’OPEC+. Si aggiunge alla decisione della Russia di tagliare la produzione di circa 500.000 barili al giorno come reazione all’attuazione di un divieto dell’UE sulle importazioni via mare di petrolio e prodotti petroliferi russi.

In totale, i tagli rappresentano circa il 3,7% della domanda globale e consolidano l’opinione di Coface secondo cui le tensioni sul mercato petrolifero proseguiranno per tutto il 2023. Con il ritorno degli interventi dei Paesi produttori, difficilmente si avrà il tanto atteso calo dei prezzi, nonostante le incertezze sulla crescita economica globale. Coface lascia quindi invariate le sue previsioni di volatilità sul mercato con un prezzo di 90 dollari al barile nel 2023.

 

Un annuncio a sorpresa… ma non senza motivo

L’annuncio del taglio della produzione e la sua entità sono arrivati a sorpresa dopo che le autorità dell’OPEC+ avevano suggerito che non sarebbe necessario alcun aggiustamento. Tuttavia, vi sono diverse ragioni per tale decisione.

 

·       La riduzione è “una misura precauzionale volta a sostenere la stabilità del mercato petrolifero”. L’OPEC+ ritiene che le prospettive per la domanda di petrolio siano meno favorevoli. Le recenti turbolenze nel settore bancario hanno ricordato che il contesto economico non lascia spazio al compiacimento. Coface condivide tale punto di vista e prevede un rallentamento della crescita del PIL mondiale al 2% nel 2023, dopo il 3,1% del 2022.

·       I prezzi del petrolio sono scesi in maniera rilevante. Hanno raggiunto un minimo, quasi 48% in meno rispetto al picco di 139 dollari toccato dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Questa mossa mira quindi a spingere i prezzi verso alto, con molti produttori di petrolio probabilmente in difficoltà con prezzi inferiori a 80 dollari.

·       Questa decisione conferma la capacità del cartello di esercitare un potere di controllo sui prezzi in un momento in cui la crescita della produzione degli operatori USA del petrolio di scisto (shale oil) è in ribasso. Questi, infatti, risentono dell’inasprimento delle condizioni di credito, del rallentamento della produttività nei bacini di scisto in via di esaurimento e della carenza di manodopera.

·       Infine, sono sorte anche alcune tensioni con Washington per l’uso delle sue riserve strategiche di petrolio. L’amministrazione USA ha ordinato un prelievo senza precedenti da queste riserve per contenere l’aumento dei prezzi dopo la guerra in Ucraina e ha recentemente indicato che il ripristino delle scorte richiederà alcuni anni.

Le maggiori tensioni aumentano i rischi per le prospettive economiche globali, pur sostenendo i ricavi dell’industria petrolifera

 

Il divieto dell’UE all’importazione via mare di greggio russo teneva già sotto pressione i mercati petroliferi nonostante la debolezza della domanda. Questa tensione si è aggravata e Coface prevede che i prezzi del petrolio rimarranno volatili, con una fascia commerciale di 90-110 dollari nella seconda metà del 2023. La decisione dell’OPEC+ dovrebbe anche coincidere con una ripresa economica più consistente in Cina. Poiché la Cina è uno dei principali paesi consumatori di petrolio al mondo (circa il 40% dei consumi marginali tra il 2000 e il 2019), una ripresa più rapida e/o più forte dell’economia irrigidirà ulteriormente l’equilibrio tra domanda e offerta, spingendo i prezzi al rialzo.

 

A livello globale, queste pressioni al rialzo sui prezzi del petrolio potrebbero cambiare le prospettive sull’inflazione. Infatti, il calo dei prezzi dell’energia è stato fra i principali fattori – se non l’unico – della minore inflazione nelle economie avanzate negli ultimi trimestri, ma il contributo potrebbe rovesciarsi nella seconda metà del 2023, mettendo nuovamente sotto pressione l’inflazione totale.

 

La decisione dell’OPEC+ evidenzia anche il complicarsi delle relazioni tra gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita. Joe Biden aveva invitato il Paese e gli altri membri dell’OPEC ad aumentare la produzione per limitare le rendite della Russia, che contribuiscono a finanziare la guerra in Ucraina. La decisione di ridurre la produzione è stata quindi definita “improponibile” dalla Casa Bianca e segna un nuovo passo nella frattura tra i due Paesi. Al di là della politica energetica, l’amministrazione USA osserva con attenzione l’approfondimento dei legami tra Arabia Saudita e Cina, in particolare con l’accettazione da parte del Regno di entrare a far parte del Consiglio di Cooperazione di Shanghai come “partner di dialogo”.

 

Questo annuncio è peraltro una buona notizia per le compagnie petrolifere. I loro livelli di redditività già cospicui beneficeranno dell’aumento dei prezzi. Le società occidentali del settore oil & gas hanno registrato profitti per 219 miliardi di dollari nel 2022. Con un’aspettativa di 90 dollari al barile, Coface prevede che i loro utili raggiungeranno circa 160 miliardi di dollari nel 2023.

 

È evidente che le decisioni che i maggiori player globali attivi in ambito petrolifero decidono di prendere possono essere drastiche e cambiare repentinamente e significativamente il quadro globale di questo settore cruciale” – commenta Ernesto De Martinis, Ceo di Coface in Italia e Head of Strategy Regione Mediterraneo & Africa. Un nostro punto di forza è la capacità di analizzare il contesto economico e finanziario di riferimento e prevederne lo sviluppo. In Coface avevamo già previsto questa situazione di tensione e gli accadimenti dell’attualità non possono che confermare la validità dei nostri studi, anche in momenti in incertezza.”

 

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