Con ordinanza n. 26541/2021, la Corte di Cassazione ha stabilito che configura un abuso del diritto il comportamento di chi, in vista della separazione, vende la casa coniugale al proprio genitore e questi dapprima gliela concede in comodato per un tempo determinato e poi ne chiede il rilascio alla nuora, ormai ex moglie del figlio, assegnataria dell’immobile in quanto genitore collocatario dei figli.
Nel caso in esame, infatti, un uomo – poco prima di separarsi – vendeva l’immobile in cui viveva con moglie e figlia al proprio padre. Quest’ultimo stipulava in favore del figlio un contratto di comodato della durata di sei mesi. I coniugi, poi, si separavano e la casa coniugale veniva assegnata alla moglie in quanto collocataria della figlia.
Trascorsi due anni dalla compravendita, il comodante chiedeva il rilascio dell’immobile – essendo scaduto il termine del contratto di comodato – e la condanna al pagamento dell’importo di euro trecento mensili da corrispondere fino al momento del rilascio stesso. La donna, ignara dell’avvenuta vendita, si opponeva alla detta richiesta, evidenziando la destinazione dell’abitazione ai bisogni della famiglia nonché l’abuso del diritto perpetrato da ex marito e suocero con il ricorso alla vendita e al comodato. L’istanza di rilascio veniva rigettata in primo grado, ma accolta in sede di gravame.
La donna ricorre in Cassazione, sostenendo che l’ormai ex coniuge, vendendo, a sua insaputa, la casa coniugale poco prima della separazione, aveva utilizzato strumenti leciti per raggiungere un obiettivo illecito.
Gli Ermellini accolgono il ricorso e affermano che la compravendita e il successivo comodato hanno natura elusiva e appaiono volti ad evitare la perdita della disponibilità dell’immobile: il ricorso a detti schemi negoziali, di per sè lecito, configura invece un abuso del diritto – una condotta lecita posta in essere per perseguire un obiettivo diverso da quello voluto dalla legge – se volto ad eludere la disciplina che consente alla moglie affidataria della prole di ottenere l’assegnazione dell’abitazione familiare.
Il fatto che il provvedimento di assegnazione della casa familiare sia successivo rispetto alla scadenza del termine pattuito nel contratto di comodato e che sia stato attuato per due anni dalla scadenza del contratto senza che né l’ex marito né il di lui padre abbiano opposto non solo la scadenza del contratto di comodato, ma neppure la sua esistenza, è elemento rilevante di valutazione della fattispecie che secondo la Cassazione non è stato adeguatamente considerato dal giudice del merito.
Avv. Patricia Russo
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