L'Avv. Soave risponde: "Risarcimento del Danno" - Il Broker.it

L’Avv. Soave risponde: “Risarcimento del Danno”

Risarcimento del danno

La Cassazione, con ordinanza n. 9682/2020, ha stabilito che per valutare il danno patrimoniale subito da una laureanda vittima di incidente occorre considerare la possibile professione futura se fosse rimasta sana e i postumi.

Nel caso in esame, due donne avevano chiesto al Tribunale di accertare la responsabilità del conducente nella causazione del sinistro a seguito del quale avevano riportato lesioni, nonché la condanna dello stesso e della compagnia assicurativa al risarcimento dei danni subiti.

Il Tribunale accoglieva l’istanza risarcitoria relativa ai danni non patrimoniali, ma non quella relativa ai danni patrimoniali.

La sentenza veniva impugnata dal conducente in via principale e dalle attrici in via incidentale: la Corte d’Appello rigettava l’appello incidentale, ritenendo che le attrici non avessero diritto al danno patrimoniale da perdita della capacità di guadagno in quanto non provato.

Esse ricorrono in Cassazione.

In particolare, una delle attrici lamenta il rigetto della domanda risarcitoria relativa al danno patrimoniale subito, considerato che dalla C.T.U. emergeva un’invalidità permanente del 65% e che, al momento del sinistro, era laureanda in architettura. Evidenzia altresì che l’invalidità riportata le impedisce anche lo svolgimento del lavoro domestico.

Gli Ermellini accolgono la doglianza relativa al mancato riconoscimento del danno patrimoniale: essi affermano che la Corte d’appello chiamata “a stimare il danno patrimoniale da perdita della capacità di guadagno patito da un soggetto non lavoratore al momento dell’infortunio, e che aveva subito una rilevante invalidità” non ha riconosciuto il danno patrimoniale richiesto in quanto ha ritenuto non provata la contrazione dei redditi della richiedente e ha ritenuto erroneamente che “le pur gravissime lesioni subite dall’attrice non le avrebbero consentito di esercitare la professione di architetto, atteso che la stessa all’epoca dei fatti non era neanche laureata.”

La Suprema Corte ha, quindi, stabilito che la Corte d’Appello, nel riesaminare l’impugnazione, dovrà attenersi al principio secondo cui “Il danno da perdita o riduzione della capacità lavorativa di un soggetto adulto che, al momento dell’infortunio no svolgeva alcun lavoro remunerato, va liquidato stabilendo (con equo apprezzamento delle circostanze del caso, ex art. 2056 c.c.):a) in primo luogo, se possa ritenersi che la vittima, se fosse rimasta sana, avrebbe cercato e trovato un lavoro confacente al proprio profilo professionale;b) in secondo luogo, se i postumi residuati all’infortunio consentano o meno lo svolgimento di un lavoro confacente al profilo professionale della vittima.”

           Avv. Gian Carlo Soave.

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