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Avv. Patricia Russo – Vaccini e risarcimento danno – Question Time: Famiglia & Assicurazioni

Patricia Russo

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 27101/2018, ha affermato che, in caso di danni derivanti da vaccini antipolio, la domanda di indennizzo deve essere proposta entro tre anni che decorrono da quando l’avente diritto ha avuto conoscenza del danno e, dunque, la consapevolezza dell’esistenza di una patologia riconducibile alla vaccinazione dalla quale sia derivato un danno irreversibile. 

Gli indennizzi si estendono a tutti i danneggiati a prescindere dal fatto che per legge la profilassi immunitaria sia o no obbligatoria.

Nella fattispecie una donna aveva chiesto ed ottenuto, in primo e secondo grado di giudizio, l’indennizzo – ex art. 1 Legge n. 210/1992, in quanto danneggiata irreversibilmente a seguito di vaccinazione antipoliomielitica, non obbligatoria, alla quale si era sottoposta. 

Il Ministero della Salute ricorreva in Cassazione impugnando, in punto tempestività della domanda, la decisione della Corte di Appello secondo la quale la proposizione dell’istanza da parte della donna nell’agosto 2009 – anno in cui era stata accertata la riconducibilità della patologia alla vaccinazione – rispettava il termine di decadenza previsto dalla Legge n. 362/1999 per le vaccinazioni non obbligatorie.

Secondo il Ministero, invece, non sarebbe stato tenuto in considerazione il termine quadriennale di decadenza stabilito dalla Legge n. 362/1999, ormai decorso nei quattro anni dall’entrata in vigore della legge stessa e,neppure, il termine triennale ex legge n. 210/1992.

Secondo la Suprema Corte, il ricorso è infondato in quanto la legge prevede il diritto ad un indennizzo per chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di un’autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psicofisica.

Ciò a seguito delle seguenti pronunce della Corte Costituzionale: 

sentenza n. 307/1990 con cui è stata dichiaratal’illegittimità costituzionale della legge n. 51/1966 (Obbligatorietà della vaccinazione antipoliomielitica) nella parte in cui non prevedeva, a carico dello Stato, un’equa indennità per il danno derivante, al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 2043 c.c., da contagio o altra apprezzabile malattia riconducibile a vaccinazione obbligatoria.

sentenza n. 268/2017 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 comma 1 Legge n. 210/1992 nella parte in cui non prevede il diritto all’indennizzo in favore di soggetti danneggiati da vaccinazione antinfluenzale.

Avuto, infatti, riguardo alla salute quale interesse della collettività, non vi è differenza tra obbligo e raccomandazione: pertanto, la scelta di osservare la raccomandazione, volta alla salvaguardia anche dell’interesse collettivo, giustifica per un principio di solidarietà sociale la circostanza che gli eventuali effetti dannosi siano sopportati dalla collettività.

In difetto di riconoscimento del diritto all’indennizzo in caso di patologie irreversibili derivanti da determinate vaccinazioni raccomandate si avrebbe, dunque, lesione degli articoli 2, 3 e 32 Costituzione

Secondo gli Ermellini la sentenza impugnata dal Ministero della Salute correttamente riconosce il diritto all’indennizzo in virtù dell’art. 1 comma 1 Legge n. 210/1992 e dell’art. 5-quater Decreto Legge n. 73/2017  convertito nella Legge n. 119/2017  con applicazione del termine triennale per presentare l’istanza.

Una volta riconosciuta la tutela indennitaria a tutti i danneggiati da vaccinazione antipoliomielitica non obbligatoria, la domanda di indennizzo deve essere proposta osservando il termine triennale di decadenza previsto dalla Legge n. 210/1992 che decorre dal momento in cui, sulla base della documentazione prescritta nella norma, l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno, in tal senso richiedendosi la consapevolezza dell’esistenza di una patologia ascrivibile causalmente alla vaccinazione, dalla quale sia derivato un danno irreversibile che possa essere inquadrato in una delle infermità classificate in una delle otto categorie di cui alla tabella 13 annessa al T.U. approvato con d.P.R. 915/1978, come sostituita dalla tabella A allegata al d.P.R. 834/1981.

Avv. Patricia Russo

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