Insurance and Finance Day - due chiacchiere con Antonio Coviello - Il Broker.it

Insurance and Finance Day – due chiacchiere con Antonio Coviello


Dopo l’evento organizzato qualche settimana fa, abbiamo incontrato con piacere l’Amico Antonio Coviello Professore di Marketing Assicurativo e referente IRISS-CNR che con l’Università di Napoli “Parthenope” ha attivato due nuovi corsi di laurea assicurativi e che ci ha parlato dell’importante evento e della convenzione Uniparthenope.
Ciao Antonio, ci parli dell’industria assicurativa italiana?
L’industria assicurativa italiana fornisce un contributo significativo all’economia e alla società Complessivamente il settore con circa 200 imprese dà impiego a 300 mila persone.
Tuttavia la tecnologia sta imprimendo nuovi scenari anche nel comparto assicurativo, imponendo alle compagnie di trovare nuovi modi e servizi per entrare in contatto con i propri clienti e assisterli al meglio.
Qual’è il nuovo trend?
Ora il nuovo trend è l’innovazione, Oggi si sta facendo largo un nuovo modello di prestazioni di servizi al cliente, che dovrebbe coniugare le strategie di ottimizzazione dei costi e di differenziazione dei prodotti ,all’insegna della gestione completa dei rischi e dell’utilizzo della tecnologia a tutto tondo.
La quarta rivoluzione industriale, basata sulle tecnologie avanzate, può aprire certamente nuove opportunità in campo economico, sociale, politico, ma anche creare nuovi pericoli per il mondo del lavoro. Pericoli illustrati in uno studio di Christophe Degryse, ricercatore dell’European Trade Union Institute (ETUI).
Quindi vi è una ridefinizione del concetto di lavoro?
A cominciare dalla ridefinizione del concetto di lavoro, in cui la macchina, da strumento a disposizione del lavoratore, ne sta diventando un sostituto, anzi, l’uomo – il cui operato è facilmente controllabile – perde sempre più la propria autonomia organizzativa e sembra quasi diventare lui stesso una macchina da sfruttare al massimo.
Negli  Usa si stima che il 47% dei posti di lavoro siano minacciati dalle nuove tecnologie, in Europa tra il 40% e il 60% – soprattutto nei settori manifatturiero, contabilità, traduzioni, vendite ecc.
Un altro rischio deriva dal delegare mansioni e compiti a lavoratori ben istruiti che vivono in paesi dove il costo del lavoro e le tutele sono nulli (è il caso, ad esempio, degli informatici filippini, che fanno concorrenza ai colleghi europei e statunitensi), compiti svolti a distanza che vengono spesso pagati “a cottimo”, anche a meno di tre dollari l’ora.
Infine, la polarizzazione della società. Sono infatti proprio coloro che hanno un’istruzione di livello medio, medie competenze e salari medi ad essere maggiormente tagliati fuori dal mondo del lavoro, schiacciati tra un’ élite altamente qualificata e una massa di lavoratori very low-skilled.         Una polarizzazione che potrebbe trascinare verso il basso la sicurezza sociale e erodere la base fiscale imponibile.
 In queste fabbriche intelligenti che vanno da sole, nelle aziende che cercano di digitalizzare tutto ciò che è possibile digitalizzarec’è il rischio concreto non solo di veder svanire milioni di posti di lavoro ma anche di veder eroso il capitale umano che resta la più grande ricchezza di ogni impresa 
Uno studio realizzato nei 15 maggiori Paesi industrializzati e presentato nel gennaio scorso all’ultima edizione del World EconomicForum, per esempio, ha stimato in 5 milioni di unità il numero di occupati che potrebbero perdere il posto già prima del 2020proprio a causa dell’avvento dell’Industry 4.0 e delle innovazioni tecnologiche che la caratterizzano. La cosa ancor più allarmante è che, a essere colpiti da questa emorragia occupazionale, non saranno solo e non tanto le professioni tradizionalmente considerate mestieri di fatica, per esempio la colf o l’uomo delle pulizie, sostituiti da robot-maggiordomi  o gli autisti e i camionisti, rimpiazzati dai veicoli automatici.
La perdita maggiore di posti di lavoro potrebbe verificarsi tra mestieri di livello medio o medio-altoche si basano su una buona dose di lavoro intellettuale.
Lo studio prevede un saldo occupazionale negativo del 5% (sempre da qui al 2020) per i lavori d’ufficio, legati a funzioni amministrative delle aziende.
Una contrazione dell’1,6% circa ci sarà nel settore manifatturiero e dell’1% nel mondo dei media e dell’intrattenimento.
Operatori dei call center, impiegati di banca, contabili, ragionieri, receptionist o addetti al controllo di qualità e al controllo di gestione: ecco alcuni mestieri che rischiano di sparire o comunque un forte ridimensionamento, per via della rivoluzione tecnologica in atto oggi nei maggiori Paesi industrializzati.
Ma anche gli operatori del mondo assicurativo saranno soggetti a questa rivoluzione secondo te?
Persino i private banker o i consulenti finanziari ed assicurativi  che gestiscono i soldi e le necessità assicurative dei risparmiatori e hanno un forte legame personale con la propria clientela, potrebbero essere rimpiazzati dai cosiddetti robo-advisor, cioè da software che già oggi sono in grado di costruire in automatico dei portafogli di investimento, attraverso algoritmi matematici. Per contro, secondo i dati del World Economic Forum, un aumento di occupati tra il 2,5 e il 3% si registrerà invece (com’è ovvio che sia) nelle aree dell’informatica, dell’ingegneria e della progettazione. Con l’avvento dell’Industry 4.0, insommaci saranno come al solito vincitori e vinti.
Ma quale sarà l’effetto complessivo sull’economia? Nel lungo periodo, sostengono gli economisti, gli effetti saranno sostanzialmente positivi. Secondo uno studio realizzato dalla società di consulenza Roland Berger, con la quarta rivoluzione industriale si possono creare entro il 2035 7 milioni di nuovi posti di lavoro in tutta Europa e generare investimenti e profitti per 420 miliardi di euro. Se parecchi mestieri scompariranno, insomma, ne nasceranno molti altri pronti a rimpiazzarli.
L’importante è che l’Europa e soprattutto l’Italia siano pronte ad affrontare questa sfida che oggi si gioca su scala globale, dalla Cina al Giappone, passando per gli Stati Uniti.
. Meglio prepararsi piuttosto in anticipo, ben sapendo che il mercato del lavoro ha bisogno di nuove figure e deve spostare più in alto l’asticella delle competenze degli occupati.
In questo senso diviene fondamentale il ruolo della Università come principale vettore di una didattica innovativa e orientata al cambiamento.
Immagino che per tutto questo avete istituito un corso di laurea? Ce ne puoi parlare?
Ecco , quindi, perché l’istituzione di un Corso di Laurea, disegnato sulle esigenze reali di un primario comparto di mercato,  diviene strumento  di un cambiamento al quale tutti siamo tenuti a partecipare.
IGB ha raccolto questa sfida ed ha fatto propria questa esigenza : il mio augurio è che sempre più aziende operanti nel settore assicurativo vogliano contribuire a far sì che il traguardo del cambiamento venga raggiunto senza sacrificare, anzi esaltando la unicità del capitale umano.
Ringraziamo con affetto Antonio Coviello e speriamo di incontrarlo presto per nuove importanti iniziative.
La redazione

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