L’Avv. Gian Carlo Soave: ”Responsabilità medica e cura ayurvedica” - Il Broker.it

L’Avv. Gian Carlo Soave: ”Responsabilità medica e cura ayurvedica”


Con sentenza n. 7659/2018 la Cassazione si è pronunciata sul delicato tema della cura dei tumori con metodi diversi dalla medicina tradizionale.
Nella fattispecie un paziente affetto da tumore era stato curato dal sanitario con la medicina ayurvedica e, successivamente, era deceduto. Il medico era stato condannato al risarcimento del danno derivante dal reato di omicidio ex art. 589 cLa sentenza aveva stabilito di non doversi procedere per prescrizione.Il medico imputato aveva presentato ricorso nanti la Suprema Corte contro la pronuncia della Corte di Appello deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in quanto il paziente, poi deceduto, aveva dichiarato di rifiutare ogni cura tradizionale e di volersi curare solo con la medicina ayurvedica.La Corte di Appello aveva evidenziato che il paziente, inizialmente deciso ad operarsi, dopo essere stato visitato dal medico aveva cambiato idea circa l’operazione poiché il sanitario gli aveva garantito di guarirlo con le sue cure “non lo avrebbero portato alla guarigione e non gli avrebbero neanche assicurato tempi di sopravvivenza superiori a quelli inerenti alle cure tradizionali o una sintomatologia meno dolorosa“.
Da questo punto di vista “l’impianto argomentativo a sostegno del decisum è dunque puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l’iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo scrutinio di legittimità, avendo i giudici di secondo grado preso in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alle loro conclusioni attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede“.
Il primo motivo del ricorrente è, dunque, rigettato.
Quanto al secondo motivo di ricorso la Cassazione ravvisa “il vizio di mancanza di motivazione, riscontrabile allorché quest’ultima venga completamente omessa ma anche quando sia priva di singoli momenti esplicativi in ordine ai temi sui quali deve vertere il giudizio“.
Il principio di diritto espresso dagli Ermellini è il c.d. giudizio contra fattuale in virtù del quale il comportamento dell’agente è causa di un evento solo nel caso in cui senza questo l’evento morte non si sarebbe verificato, al contrario non lo è se, anche in assenza di tale comportamento, l’evento si sarebbe comunque verificato.
Sussiste, dunque, il nesso causale se, in base al giudizio contra fattuale e ai principi scientifici venga accertato che in presenza di una condotta medica oculata l’evento morte non si sarebbe verificato o si sarebbe verificato successivamente.
Il giudice deve verificare che la condotta omissiva del sanitario sia stata condizione necessaria dell’evento morte.
Nel caso in oggetto tale valutazione non vi è stata: è mancato l’iter argomentativo esplicativo del nesso di causalità.
La sentenza va, quindi, annullata agli effetti civili con rinvio alla Corte di Appello.
Avv. Gian Carlo Soave.

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