Commentiamo oggi con l’Avv. Iannitti – partner del dipartimento di insurance dello studio legale Norton Rose Fulbright - l’ordinanza della Cassazione 10.333/2018 in materia di unit linked. - Il Broker.it

Commentiamo oggi con l’Avv. Iannitti – partner del dipartimento di insurance dello studio legale Norton Rose Fulbright – l’ordinanza della Cassazione 10.333/2018 in materia di unit linked.

Abbiamo incontrato con grande piacere Avv. Salvatore Iannitti partner dello Studio Norton Rose Fulbright per discutere sull’ordinanza della Cassazione 10.333/2018 in materia di unit linked.
Buongiorno avvocato, i può spiegare la portata innovativa dell’ordinanza della Corte di Cassazione in tema di unit linked?
In realtà, mi spiace deludere, ma ad un esame attento dell’ordinanza non si può davvero individuare alcun elemento di novità: quando afferma che la mancata restituzione del capitale a scadenza riqualifica la polizza ramo III quale contratto di investimento, la Cassazione sta solo ripercorrendo la motivazione utilizzata dalla sentenza d’appello impugnata, senza entrare nel merito della valutazione di fatto da questa compiuta (in quanto al di fuori della propria competenza).
Nel tracciare, più avanti, il criterio di diritto in base al quale il giudice territoriale deve operare la qualificazione, la Cassazione si rifà invece all’orientamento tradizionale della giurisprudenza, distinguendo la polizza assicurativa sulla vita, “in cui il rischio avente ad oggetto un evento dell’esistenza dell’assicurato è assunto dall’assicuratore”, dallo strumento finanziario, nel quale invece “il rischio di performance sia per intero addossato all’assicurato.
Perché allora tutto questo clamore sulla vicenda?
Difficile dirlo. Mediaticamente, l’attenzione riservata a questo tema è probabilmente legata al consistente volume di premi investito nel settore; dal punto di vista del mercato, ciò che continua a sorprendere è invece il persistere di un filone giurisprudenziale che forza il dato normativo per garantire una tutela di carattere sostanziale agli investitori.
In che senso scusi?
Mi spiego: il legislatore italiano riconosce difatti pienamente, da sempre, che i contratti di ramo III possano essere stipulati con o senza garanzia di risultato dell’investimento, allorquando disciplina in maniera diversa le riserve che l’assicuratore deve appostare a fronte della relativa esposizione.
La stessa IVASS, nei propri regolamenti di attuazione, si limita a chiarire che le polizze ramo III debbano prevedere la corresponsione di una prestazione il cui valore sia dipendente dalla valutazione del rischio demografico, senza fare esplicito riferimento alla garanzia di restituzione di quanto investito dell’assicurato.
E’ dunque il rischio demografico l’elemento su cui soffermare l’attenzione?
Sì, è proprio questo il tema centrale della questione:
– nell’applicazione pratica del mercato, conforme al dettato normativo ed alle interpretazioni degli studiosi più autorevoli, si ritiene che la prestazione erogata sia dipendente dal rischio demografico (e dunque assicurativa) allorquando l’assicurato riceva un valore più elevato di quello corrispondente al valore degli attivi sottostanti la polizza (appunto “linked” a tali attivi) nel momento in cui si verifica l’evento assicurato. Non assume invece rilevanza, in quest’ottica, la comparazione di tale ammontare con i premi versati, essendo questo dato rilevante solo nel caso in cui sia fornita anche la garanzia di risultato dell’investimento;
– una parte della giurisprudenza (il Tribunale di Torino, ad esempio, non è allineato su questa posizione) ritiene invece che il trasferimento del rischio di investimento sull’assicurato non sia compatibile con la funzione “previdenziale” del contratto di assicurazione, che richiede alla compagnia quantomeno di restituire i premi versati dall’assicurato.
Due interpretazioni molto diverse, a quanto pare.
Certamente. E l’interpretazione giurisprudenziale rappresenta un’evidente forzatura: innanzitutto perché diluisce il tema del rischio demografico in quello del rischio di investimento (mentre i due concetti son completamente diversi); poi perché trascura che il cliente ha la possibilità di acquistare altri prodotti assicurativi offerti dalla compagnia – ad esempio quelli di ramo I o di ramo V – per i quali una garanzia di risultato è invece espressamente prevista dalla legge.
La stessa CONSOB, del resto, nel 2007 aveva ammesso che la funzione di neutralizzazione delle conseguenze della vita umana nei contratti ramo III assume una rilevanza marginale e che il sottoscrittore assume il rischio finanziario connesso al prodotto.
Come dobbiamo dunque contestualizzare l’ordinanza della Corte di Cassazione?
Mi sembra che, per le ragioni dette, si tratti di una pronuncia che si inserisce in un solco già ampiamente trattato. Peraltro l’ordinanza si riferisce ad un periodo nel quale il legislatore non aveva ancora esteso la disciplina del TUF ai prodotti finanziari delle compagnie assicurative, sicché la classificazione del prodotto da parte della giurisprudenza era strumentale ad individuare le norme applicabili in un periodo in cui vi era un sostanziale vuoto normativo. Il tema è invece oggi ampiamente superato, in particolare in vista dei prossimi cambiamenti in vista nel settore, che accentuano ancora di più le tutela offerte a protezione della clientela acquirente di questi prodotti ibridi.
Si riferisce alla Insurance Distribution Directive?
Corretto: la Direttiva segue la via già tracciata in passato dal legislatore italiano, di una “Mifidizzazione” della disciplina dei prodotti di investimento emessi dalle compagnie assicurative, assicurando un livello di tutela molto elevato mediante l’articolazione di una serie di regole in materia di trasparenza, valutazione di adeguatezza del prodotto, conflitto di interessi, inducements.
All’esito dell’ordinanza cambia qualcosa, nel modo in cui gli assicurati si approcciano a tali prodotti?
Decisamente no. Come detto, la qualificazione del prodotto unit linked come prodotto di investimento non ha un impatto rilevante sul trattamento dei prodotti che verranno distribuiti da qui a venire.
Per il passato, l’ordinanza  non ha mutato l’orientamento giurisprudenziale in maniera significativa e il canovaccio resterà quello del passato.
Sicché:
– sul piano dell’intermediazione assicurativa, i giudici territoriali continueranno dunque ad interpretare i contratti di volta in volta oggetto di causa, individuando la normativa applicabile in materia di intermediazione (ante-TUF) sulla base delle garanzie concretamente previste: con il rischio, per le compagnie, che si ripetano per i contratti ritenuti d’investimento le pronunce di nullità per mancanza del contratto quadro, o che si ritengano (col senno di poi) applicabili le norme in materia di intermediazione finanziaria anche per il periodo in cui il legislatore non aveva ancora operato tale scelta;
– sul piano civilistico, considerate le maglie larghe offerte dai criteri interpretativi,  continueranno verosimilmente gli orientamenti di segno diverso sul tema della impignorabilità delle prestazioni assicurative (escluso per i contratti assicurativi) e della esclusione o meno delle stesse dall’asse ereditario.
– sul piano fiscale, i prodotti unit linked sono già soggetti ad una disciplina ad hoc che è stata recentemente oggetto di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate: il trattamento fiscale, in altri termini, già tien conto della natura mista dei prodotti e del problema classificatorio che si discute da qualche decennio, senza che l’ordinanza possa cambiare i termini della questione.
Mirko Odepemko per la Redazione

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