Arte e Musica - gallerie d’arte e arte contemporanea di Paolo Moglia - Il Broker.it

Arte e Musica – gallerie d’arte e arte contemporanea di Paolo Moglia

Questa volta vorrei parlare di gallerie d’arte e arte contemporanea , tematica che coinvolge inevitabilmente anche l’aspetto assicurativo, con non poche problematiche
E’ notorio che le Compagnie assicurative non amano alla follia assicurare galleristi e mercanti d’arte in generale, ed ancor meno quando questi soggetti propongono opere di arte contemporanea .
E  c’è da dire che qualche volta , ne hanno ben donde, ma come sempre non facciamo di tutte le erbe un fascio. Provo a spiegare il perché.
Innanzitutto cerchiamo di capire cosa si debba intendere per arte contemporanea, partendo dal presupposto non c’è assolutamente univocità su questa definizione.  Lungi da me dal voler fare una lezione di storia dell’arte, vorrei invece semplificare molto le cose, parlando di un periodo che va dal secondo dopoguerra ad oggi. In pratica parlando di quella che è davvero contemporanea
Consapevole comunque che alcuni ritengono che se ne debba parlare iniziando da fine ‘700 – primi ‘800, altri a partire dall’impressionismo o addirittura postimpressionismo. O chi identifica come un punto di partenza l’Orinatoio di Marchel Duchamp, il quale di certo ha dato una definizione di arte che potrebbe benissimo essere una definizione di arte contemporanea. “L’arte è una condizione, una condizione eraclitea di continuo mutamento”.
Questa comunque diffusa incertezza storiografica,  è verosimilmente dovuta alla mancanza di un pensiero artistico dominante che sia chiaramente riconosciuto dai vari attori di questo mondo (storici dell’arte, ed artisti stessi).E se in generale è già  abbastanza  rischioso inserire rigidamente  un artista in un  movimento  in maniera esclusiva, lo è ancor più nel caso dell’arte contemporanea. Tantissimi artisti hanno attraversato molti “stili” prima di arrivare a quello che gli viene attribuito.
L’ unica cosa a mio parere evidente, è che   nell’Arte Contemporanea possiamo includere vari generi artistici sviluppati con tecniche e linguaggi diversi: pittura,  disegno, scultura, arte digitale, musica, performance, installazioni, video, fotografia ecc. Parlerò successivamente della certezza della  autenticità e della valutazione delle opere dell’arte contemporanea.
Prima vorrei fare alcune considerazioni  sulle gallerie legate al mondo dell ‘arte contemporanea, partendo dal dato di fatto che ce ne sono moltissime, e sempre più ne stanno nascendo. E’ in questo mondo dove sia il cliente, sia l’assicuratore , devono sapersi muovere con attenzione. Anche perché alcuni degli obbiettivi/interessi delle due figure , coincidono.
Sia assolutamente chiara una cosa. Ogni ambiente ed ogni lavoro è fatto da professionisti serissimi e da altri un po’ più …disinvolti. Ciò vale per i galleristi…e per i Broker Assicurativi. Le mie successive considerazioni, sono oggettive perché dovute al fatto di frequentare questo mondo , ma non vogliono assolutamente dare giudicare nessuno.
Tra l’altro mi ha molto aiutato il fatto che recentemente ho avuto una spazio in una manifestazione di Arte Contemporanea che si è svolta a Milano (Affordable Art Fair 2018 – Milano) dove ho chiacchierato con alcuni galleristi, raccogliendo loro impressioni ed esperienze. In particolare con Deodato Salafia, titolare della “Deodato Arte “, con sedi a Milano, Lugano ed Hon Kong. E’ un gallerista un po’ “anomalo” (nel senso positivo del termine); laureato in informatica e in teologia, esperto di marketing online e algoritmi, si è  poi avvicinato al mondo dell’arte nel 2001. Lui ha contribuito a farmi un più completo quadro del mondo delle gallerie, argomento che tra l’altro ha trattato in un interessante libro/manuale che va in aiuto di chi voglia iniziare a comprare opere di arte contemporanea.
Parlando di gallerie, bisogna partire da un presupposto , che per me diventa fondamentale sia che si guardi una gallerie dal punto di vista del collezionista/acquirente , sia da quello dell’assicuratore. La galleria è una azienda (grande o piccola che sia) gestita da un imprenditore che compra e vende opere d’arte. Quindi parliamo di realtà aventi scopo di lucro; cosa assolutamente normale ma da avere sempre presente.
Ne possiamo incontrare di vario livello (n.d.r è qui che Deodato mi ha aiutato nella classificazione, da lui fatta direi in modo ineccepibile).
Partiamo da quelle per le quali probabilmente si deve avere una maggiore attenzione Le gallerie che chiedono denaro agli artisti per esporli; ce ne sono anche  di molto blasonate . Non è facilissimo individuarle; a volte bisogna fare il detective e spulciare un po’ su internet. Un segnale (insegna Deodato) è vedere sul sito della galleria se c’è un link dove gli artisti possono prendere informazioni per esporre. Nessun gallerista serio metterebbe questo link. Perché dubitare di queste gallerie? Innanzitutto per la loro filosofia. Questo tipo di gallerista , ha spesso come obbiettivo far pagare all’artista un tot per lo spazio, per i catalogo ecc ecc. Comprare qui vuol dire quindi pagare senz’altro molto le opere ; e questo sfalsare i costi , diventa un problema sia per il collezionista che per…l’assicuratore.
Abbiamo poi le gallerie definite da Deodato “lungomare”, ossia ubicate in località di villeggiatura, per le quali bisogna fare una distinzione. Abbiamo quelle assolutamente serie (vedi alcune importanti realtà di Pietrasanta, Forte dei Marmi ecc) ed abbiamo quelle prettamente per turisti che comprano sull’onda emotiva del momento vacanziero. Le prime hanno artisti noti , magari insieme a qualche nuova proposta. Le seconde hanno solitamente artisti locali o addirittura non conosciuti sul mercato. Il consiglio è più che mai di fare molta, molta attenzione agli artisti proposti. Anche qui l’arma di Internet diventa fondamentale per cercare di capire a chi ci si sta rivolgendo e cosa si sta comprando.
Altra tipologia di galleria dalla quale sarebbe meglio girare alla larga è quella gestita da collezionisti diventati mercanti d’arte, a volte anche senza apertura di PI. Spesso questi galleristi (ripeto non con una storia di gallerista ma con una semplice esperienza di collezionisti) non sono attentissimi  nel comprare opere con l’attenzione dovuta  e ricordiamoci poi che spesso sono  spinti ad agire dalla detassazione delle plusvalenze nell’arte. Che in pratica vuol dire che se compri un’opera e la rivendi da privato con un guadagno, non paghi le tasse. Al tempo stesso , per incentivare all’acquisto e non avendo PI, attirano con un finto abbattimento dei costi. In questi casi molto meglio chiedere parere ad un gallerista esterno, esperto della tipologia dell’opera proposta.
Veniamo infine alle gallerie classiche , con una storia comprovata. Queste gallerie di norma hanno una loro scuderia di artisti che spingono e sostengono ed altri magari più noti. E di norma organizzano mostre durante l’anno. E, cosa da non poco, espongono i prezzi; infatti, in generale, se non ci sono è meglio domandarsi il perché.  Di solito sono questi galleristi i più professionali. Sono quelli che danno una seria consulenza, che seguono il cliente che hanno una politica dei prezzi trasparente e che applicano un giusto ricarico su quelli che sono corretti prezzi di mercato.
A tal proposito, parlando appunto dei prezzi di mercato, risulta impossibile non  fare un passaggio su quelli che sono i parametri per la valutazione di un’opera. Innanzitutto ricordiamo il concetto di  coefficiente artistico che  è un valore aritmetico che aiuta a determinare il prezzo di mercato appunto dei lavori di un artista. Ricordiamo che uno dei dati principali che si “scambiano” i galleristi quando chiedono informazioni su un artista. In particolare, è un punto di riferimento importante quando si parla talenti emergenti. Inoltre è l’artista stesso che cura la tenuta del proprio coefficiente, così da non rischiare di essere venduto in situazioni diverse a prezzi diversi.
Nel concreto quindi, per calcolare il prezzo di mercato di un’opera, occorre sommare le misure della base e dell’ altezza dell’opera, moltiplicandone il risultato per il coefficiente e, infine, moltiplicare il risultato ottenuto per 10. Esempio: dipinto 100×100 cm, coefficiente 2, valore di mercato 4000 € [ (100 + 100) x 2 x 10 = 4000 ].
Per le sculture occorre sommare le misure della base, dell’altezza e della profondità
Solitamente, per gli artisti emergenti il coefficiente è pari da 0,4  a 2, per poi  salire in base alla bravura e alla storia dell’artista stesso.  Se vi viene proposta un’opera di arte contemporanea 100 x 100 cm ad un prezzo superiore a 4000 euro, significa che non è frutto degli sforzi mentali di un autore  emergente, ma di un artista sulla via dell’affermazione (oppure qualcuno vuol fare il furbetto).
Ci si chiederà come viene determinato il coefficiente di un artista . La “costruzione” del coefficiente non si fonda su un procedimento definito bensì mediante una valutazione di ordine economico che mette in gioco elementi certi : curriculum,  mostre personali e collettive, premi, recensioni critiche, pubblicazioni, presenza delle opere in gallerie nazionali  ed internazionali, acquisizioni pubbliche e museali, richiesta delle opere e aste, l’anno di realizzazione e la centralità dell’opera nella produzione dell’artista, il soggetto, la tecnica, numero di mostre cui hai è partecipato, numero di cataloghi in cui è segnalata.
Purtroppo però, tutti questi parametri si possono “costruire” con sapiente lavoro di marketing e ciò  non depone a favore della certezza assoluta del valore economico di un opera.
Infine , ricordiamoci sempre, che valgono le regole del mercato. Se le opere di un ’artista hanno una curva della domanda molto alta, allora anche il suo prezzo aumenterà. In caso contrario, il prezzo diminuirà. Non a caso un artista un artista che riesca a “gestire” il proprio mercato con attenzione, ha in genere prezzi più importanti.
Lascio per un’altra occasione le considerazioni da farsi su altri canali di vendita dell’arte : le TV, le aste, le vendite on line e le fiere d’arte.
Abbiamo visto di che tipologia di opere ci stiamo interessando ed abbiamo visto in linea di massima chi sono i soggetti che le vendono e come le valutano.
A questo punto però , dopo che ho identificato un gallerista serio, dopo che ho una minima idea dei costi di un’opera, penso sorga spontaneo farmi  alcune altre domande. Come faccio ad essere certo che un’opera sia vera e quindi come faccio  ad essere certo di non venir truffato sulla sua originalità , qual è la documentazione che mi può far stare tranquillo?
Purtroppo bisogna dire che non è facilissimo rispondere con certezza a queste domande, soprattutto parlando di arte contemporanea dove non è sempre facile individuare un falso.
Falsa è senz’altro un’opera che un artista non ha mai realizzato e che qualcuno ha copiato.
I falsari poi sono spesso agevolati, perché alla morte di un artista non sempre eredi o esperti riescono a bocciare nuove opere apparse sul mercato. E’ stato accertato che se tutti i Picasso che ci sono in giro fossero veri, il grande artista avrebbe dovuto vivere due secoli lavorando 24 ore al giorno
L’arte contemporanea ha poi praticamente imposto un sistema che facilita la comparsa di falsi. Spesso infatti l’artista si limita sostanzialmente a sovrintendere un progetto: l’opera d’arte diventa tale in quanto progetto, non in quanto prodotto. E non è più possibile stabilire con dati certi se siamo davanti al vero o ad una bufala.
Le gallerie  immettono , ad esempio, sul mercato fotografie dalla tiratura dichiarata ma di cui è impossibile controllare il numero di esemplari realmente stampati. Chi ci garantisce che oltre alla serie di 20 del medesimo soggetto non ci sia nessun altra copia in giro per il mondo,  quando la copia non si distingue in alcun modo dall’originale?
Se parliamo di sculture, è consuetudine ritenere pezzo unico una scultura fino a nove esemplari. Crescendo si passa al multiplo con conseguente deprezzamento. Ma siamo sicuri che, ad esempio,  ne siano state prodotte solo nove?
Non è un caso che il mercato delle edizioni e dei multipli d’arte è in continua crescita. Stiamo parlando  non di  riproduzioni ma di opere originali, ideate appositamente per essere realizzate in ampia tiratura,.
Al tempo stesso però è totalmente in crescita anche il mercato dei falsi.
Un dato, non recentissimo ma  impressionante: 1687 opere d’arte contraffatte sequestrate nel solo 2014, per un valore di mercato complessivo pari a 427 milioni di euro. «L’analisi dei dati elaborati – si legge in un documento diffuso dal Nucleo protezione artistica del patrimonio dei CC – dimostra come l’attività di falsificazione dei beni culturali continui ad essere un fenomeno in espansione, che interessa soprattutto l’arte contemporanea per motivi tecnico-pratici, quali la maggior facilità di riproduzione delle moderne forme d’arte». E, infatti, il 77.4% dei sequestri effettuati nel 2014 dal riguarda proprio l’arte contemporanea. Ma la cosa più preoccupante è che, a differenza dei furti, quello dei falsi è un settore in continua espansione cresciuto, in un solo anno, di oltre il +50% rispetto al 2013.
Ed allora, a questo punto ci si chiede appunto quale possano essere i documenti che lasciano tranquillo sia l’acquirente/collezionista, sia l’assicuratore?
Partiamo dal presupposto che ad un’opera falsa, corrisponde una documentazione falsa
Sicuramente, quindi,  il certificato che spesso accompagna l’opera NON è una garanzia. Anzi…
Solitamente chi vende un’opera d’arte deve garantirne l’autenticità.
E vero che l’attuale normativa  prende le mosse dall’art. 64, di cui al D. Lgs. 42/2004, ( il Codice dei beni culturali e del paesaggio), che prevede l’obbligo per il venditore abituale di consegnare la documentazione attestante l’autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza dell’opera, su copia fotografica.
E’ buona cosa però   evidenziare che difficilmente potrà ritenersi certa l’autenticità del certificato, salvo quando questo sia rilasciato al momento  direttamente dall’artista ( ovviamente parlando di opere con l’artista in vita).
Quando è morto, le cose si complicano un po’ di più. Chi può veramente garantire l’opera?
E’ opinione diffusa che il diritto morale di attribuzione della paternità dell’opera sia esercitabile dai suoi eredi (o meglio dai soggetti indicati dall’articolo 23 della legge precedentemente citata) o da archivi, fondazioni, comitati di esperti o associazioni. A mio modestissimo parere , quella del figlio o del coniuge, resta una strada insicura. Non vedo perché si debba loro attribuire il potere sulla autenticità di un opera, quando spessissimo non hanno mai frequentato lo studio del padre o del coniuge.
Oltre al fatto che gli eredi, a seconda della convenienza potrebbero riconoscere l’autenticità di un opera con il solo fine di “dopare” il mercato.
Più serio mi sembra nel caso agiscano gli altri soggetti sopracitati. Questi ultimi procederanno a un’approfondita valutazione dell’opera,  ad  esempio, attraverso attività di comparazione dell’opera con altre del  medesimo artista e appartenenti allo stesso periodo storico. All’esito di tali operazioni, gli esperti saranno in grado di rendere documenti contenenti una perizia, stima.
Alla fine avremo comunque e sempre un parere tecnico la cui autorevolezza dipenderà solo dalla credibilità e dalla competenza riconosciuta a chi l’ha firmato.  Quindi, direi comunque almeno di evitare che questo parere sia quello … del  gallerista chi ci vende l’opera.
Per quanto sopra, non potremo quasi mai essere sicuri che un’opera sia autentica, per quanto comprensiva di certificati con timbri, ceralacca, filigrana, ecc ecc
Potremo senz’altro esserlo molto di più se fossimo innanzitutto in presenza precedenti transazioni digitali, quindi pagamenti , scambi di posta elettronica certificati, numeri di archivio detenuti in database di enti riconosciuti.
Ricordiamo infatti che grazie alla tecnologia dell’ informazione è possibile rilasciare dei certificati autentici. Esistono già dei chip da applicare ad opera e certificato, i quali contengono a livello hardware un numero unico  associato in modo univoco ad una sola opera originale. Il numero non è clonabile e consente di registrare l’opera associandovi la rispettiva fotografia, permettendone una archiviazione scientifica ed inviolabile. Si potrà clonare l’opera, ma solo chi avrà sia opera che chip potrà giustamente affermare che la sua è quella vera. Nel prossimo articolo pubblicheremo  una intervista fatta a chi sta sviluppando questo lavoro, con un apposito portale.
Interessante poi l’idea già attuata da alcuni (anche in questo caso Deodato Arte è stato abbastanza un precursore) , di usare in alternativa al chip un PUF (Phisical Unclonable Function), ovvero un oggetto fisico, non elettronico, inclonabile ed unico. Ad esempio una monetina tagliata in due.
In definitiva , se dovessimo fare una scala di sicurezza, penso che potremmo dire
– Massima sicurezza quando l’opera ha un chip ed esiste un archivio ufficiale, meglio ancora se riconosciuto dall’artista in vita
– Sicurezza alta , quando esiste un archivio, ma l’artista non è più in vita
– Sicurezza medio bassa quando quando c’è solo l’autentica su foto e diverse gallerie di provenienza
– Sicurezza bassa nel caso in cui ci sia solo l’autentica su foto dell’artista
In conclusione, potremmo continuare per ore a parlare di valutazioni e di autenticità, ma come visto solo in determinate situazioni potremmo avere certezze assolute. Questo non vuol dire che il mondo dell’arte contemporanea , visto nel suo complesso, debba essere visto come un mondo “truffaldino”….
Gli assicuratori dovrebbero talvolta essere meno rigidi e meno sospettosi, partendo anche dal presupposto che nella peggiore  delle ipotesi , se proprio non possono farne a meno, possono sempre assumere,  come tutti sappiamo a “valore dichiarato” e mettendo qualche paletto in più per quella che è la eventuale. movimentazione delle opere
Per chi invece è un potenziale acquirente che si vuole avvicinare all’arte, e magari iniziare una piccola collezione personale, basta farlo con un po’ di attenzione e di pazienza.
L’arte contemporanea è senz’altro un mondo affascinante dove ognuno di noi può trovare qualcosa che lo emozioni. Che sia un quadro, una foto, una scultura, una istallazione o quant’altro.
Succede infatti  spesso che  un’opera di arte contemporanea possa emozionare come un Tintoretto o un Caravaggio, se non di più. Questo perché forse da un puro punto di vista razionale, la si vede più vicina in qualche modo  alla nostra realtà di tutti i giorni.
Ora opere come quelle del Tintoretto o qualsiasi grande artista del passato le consideriamo a giusta ragione eterne, ma chi ci dice che non sarà così anche per le produzioni artistiche contemporanee?
Daniel Barenboim, il grande pianista e direttore d’orchestra, ha detto
” Ogni grande opera d’arte ha due facce, una per il proprio tempo ed una per il futuro, per l’eternità”.
Rubando le parole che Renzo Arbore diceva in una vecchia nota pubblicità “…meditate gente, meditate”.
Paolo Moglia

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