L'Avv. Gian Carlo Soave risponde: "Guida sotto stupefacenti" - Il Broker.it

L'Avv. Gian Carlo Soave risponde: "Guida sotto stupefacenti"

Siamo tornati con L’Avvocato Gian Carlo Soave e la sua, ormai molto nota, rubrica.

Questo primo numero del 2018 si soffermerà sulla segnalazione della sentenza n. 362/2017 del G.U.P. di Parma in tema di reato di guida sotto stupefacenti aggravata da incidente stradale.

Affinché ricorra detto reato occorrono due presupposti: l’incidente deve essere causato dal soggetto agente e l’alterazione psicofisica deve essere acclarata dagli agenti accertatori.

L’art. 187 comma 1 bis C.d.S. prevede il caso del conducente che “in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope provoca un incidente stradale”.

L’aggravante può essere contestata solo qualora l’imputato, circolando in condizioni di alterazione psicofisica dovuta all’assunzione di stupefacenti, con la propria condottacagioni un sinistro stradale.

A riguardo gli Ermellini, con la sentenza n. 37743/2013, in relazione al caso in cui uno dei soggetti coinvolti in un incidente aveva assunto bevande alcoliche, hanno affermato che: “il mero coinvolgimento in un incidente, da parte di un soggetto che circoli in stato di ebrezza, da solo non integra l’aggravante di cui al comma 2 bis. Tale norma prevede che lo stesso abbia provocato un incidente stradale e quindi sia accertato un coefficiente causale della sua condotta rispetto al sinistro. Assimilare il ‘coinvolgimento’ in un incidente con la condotta di chi ‘provoca’ un incidente costituirebbe un’inammissibile ipotesi di analogia in malam partem”.

Quantoal secondo presupposto, il G.U.P. di Parma, con la citata pronuncia, ha ribadito che l’articolo 187 C.d.S. punisce chi circola a bordo di un veicolo in stato di alterazione psicofisica causata dall’assunzione di sostanze stupefacenti, precisando che l’esito positivo delle analisi, sia pure certificato dall’espletamento di tutti gli esami di rito, non basta ad integrare i presupposti per un’imputazione né per un’eventuale condanna per il reato in oggetto.

La Cassazione ha, infatti, più volte affermato che la condotta tipica del reato di cui all’art. 187 C.d.S. non è quella di chi guida dopo aver assunto una sostanza stupefacente, ma quella di chisi pone alla guida di un veicolo in stato di alterazione psico-fisica determinato da tale assunzione.

Per affermare la responsabilità di un soggetto per il reato di cui all’articolo 187 C.d.S. non basta, dunque, provare che questi abbia assunto stupefacenti prima della guida, ma occorre dimostrare che egli fosse alla guida in stato di alterazione causata da tale assunzione (Cass. N. 16059/14; Cass. 39160/13; G.U.P. Parma 362/17).

Si rammenta altresì la sentenza n. 35443/2015 con la quale la Suprema Corte ha stabilito che “ai fini del giudizio di responsabilità per il reato di cui all’art. 187 C.d.S., è necessario provare non solo la precedente assunzione di sostanze stupefacenti ma anche che l’agente abbia guidato in stato di alterazione causato da tale assunzione. Ai fini di accertare tale alterazione psico-fisica, l’esito positivo dell’analisi chimica delle urine non è di per sé sufficiente se non è accompagnato da una visita medica di supporto che accerti che il conducente abbia effettivamente guidato sotto l’effetto di stupefacenti”.

Avv. Gian Carlo Soave.

0 Comments

Leave A Comment