Il gigante Google casca su una kasko? di Saverio Zavaglia - Il Broker.it

Il gigante Google casca su una kasko? di Saverio Zavaglia

Come ben si sa la polizza kasko è una garanzia accessoria in grado di ampliare la copertura della nostra assicurazione auto, offrendoci un risarcimento per tutti i danni causati da eventi e sinistri derivanti dalla circolazione del veicolo stesso, indipendentemente dalla nostra responsabilità. Una copertura del rischio che si rivela particolarmente utile in caso di incidente con colpa, dal momento che la polizza RC auto obbligatoria per Legge non ti rimborsa i danni subiti dalla tua stessa auto, ma risarcisce solo quelli riportati dalla controparte.
Ma per ora nessuno era mai arrivato a sospettare che questo documento assicurativo, di uso più che corrente, potesse trasformarsi in un gravissimo inciampo per i mega-progetti futuribili di una delle maggiori multinazionali al mondo.
Veniamo ai fatti: nel 2002 l’agenzia DARPA (la Defence Advanced Research Projects Agency creata nel 1958 dal Ministero della Difesa USA, ancora sotto choc per il lancio satellitare sovietico dello Sputnik, con il mandato di promuovere progressi tecnologici) annunciò il suo primo Grand Challenge; una sfida che consisteva nel realizzare un veicolo totalmente autonomo, in grado di completare un percorso di oltre 200 chilometri nel deserto californiano del Mojave.
La gara prese avvio il 13 marzo 2004 con esiti disastrosi: due veicoli non arrivarono neppure al punto di partenza, uno si ribaltò al via e quello che andò più lontano – la Sandstorm della Carnegie Mellon University – percorse circa 7,4 miglia prima di uscire di strada in un tornante e piantarsi in un cumulo di sabbia.
Tale disfatta rassicurò molti sulla insostituibilità del conducente umano con dispositivi automatizzati. Ma non scoraggiò i visionari di Google, che con il loro “Progetto Chauffeur 2008” ormai dal 2010 fanno marciare le proprie macchine totalmente autonome nel traffico delle strade e delle superstrade americane.
Nel 2012 questa flotta di veicoli senza autista aveva percorso oltre 480mila chilometri senza incidenti e, l’anno dopo, la casa di Mountain View diffuse una serie di dati che evidenziavano come i propri veicoli superassero invariabilmente le prestazioni del guidatore-tipo umano, sia in termini di prontezza nella frenata come nella prudenza di guida.
Tutto ciò annuncia l’ennesima rivoluzione all’insegna dell’Intelligenza Artificiale?
Non a caso il progetto Chauffeur ha galvanizzato l’industria automobilistica e tutte le grandi case hanno annunciato l’intenzione di implementare almeno un sistema di guida semi-autonoma nel giro di dieci anni. Più avanti di tutti risulta essere la Mercedes-Benz con la Classe S, che dal 2014 è in grado di viaggiare autonomamente nel traffico. Con un solo limite: un umano che tenga in ogni momento le mani sul volante. E qui veniamo al punto; il granellino di sabbia che rischia di inceppare la stupefacente innovazione: a chi attribuire la responsabilità di un eventuale incidente che veda coinvolta un’autovettura totalmente automatizzata? Secondo le leggi in vigore negli Stati Uniti la responsabilità verrebbe attribuita al produttore della vettura. E sembra abbastanza improbabile che la Google o chi per essa intenda correre un tale rischio, che vedrebbe le ricche case automobilistiche bersagli irresistibili per avvocati pronti ad avanzare richieste di risarcimento sulla responsabilità di prodotto.
Dunque, l’ennesima rivoluzione delle macchine può venire bloccata per una questione giuridica. Almeno fino a quando la capacità innovativa del settore assicurativo mondiale non escogiterà una scappatoia o i robot antropomorfi, quelli con la faccetta buffa, non sviluppino una personalità umana totalmente responsabile, autonoma al punto da poterli accreditare come validi sottoscrittori di una polizza assicurativa. Al pari dello chauffeur in carne e ossa che hanno soppiantato.
Saverio Zavaglia

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