L'Avv. Gian Carlo Soave risponde:"responsabilità medica: Intervento operatorio eseguito inutilmente" - Il Broker.it

L'Avv. Gian Carlo Soave risponde:"responsabilità medica: Intervento operatorio eseguito inutilmente"

Soave

Domanda: Intervento operatorio eseguito inutilmente.

Risposta.

La Corte di Cassazione recentemente, con sentenza n. 12597/2017, è intervenuta in tema di responsabilità medica stabilendo che sussiste un inesatto adempimento dell’obbligazione della struttura sanitaria in caso di intervento operatorio eseguito inutilmente.

Più precisamente, quando un intervento seppure eseguito a regola d’arte e senza peggiorare la condizione patologica del paziente – che doveva invece rimuovere – risulti inutile per avere la struttura sanitaria omesso l’esecuzione dei trattamenti preparatori nonché di quelli successivi per assicurarne l’esito positivo, è ravvisabile la responsabilità della struttura stessa.

Il danno cagionato è un c.d. danno evento, una lesione non giustificata della sfera psico-fisica del soggetto, cui consegue un danno non patrimoniale, consistente nella limitazione e nella sofferenza patita per tutto il tempo necessario per le fasi preparatorie, di esecuzione e post operatorie dell’intervento, nonché nella sofferenza derivante dalla consapevolezza dell’inutilità dell’intervento medesimo.

Nel caso di specie una paziente aveva chiesto il risarcimento dei danni patiti a seguito di un intervento chirurgico eseguito inutilmente per mancanza delle necessarie terapie pre e post intervento.

In appello era stato rigettato il gravame ritenendo che l’intervento fosse stato correttamente eseguito senza lesioni o postumi tali da cagionareinvalidità temporanea o permanente a carico della donna.

In Cassazione la donna lamenta che il giudice di secondo grado non ha tenuto in debita considerazione il suo stato di salute inalterato a seguito di un intervento inutile, con tutte le conseguenze di natura patrimoniale e non dovute alla persistenza della patologia.

Secondo la Suprema Corte vi è stato un doppio comportamento omissivo: mancanza delle condizioni preparatorie per la rimozione della patologia – cui doveva servire l’intervento – ed omessa prescrizione di una terapia di riabilitazione necessaria per il suo successo.

A causa di ciò l’intervento è stato inutile, nonostante la correttezza della tecnica impiegata, il che è stato percepito nel merito ma non fino al punto di una concreta valutazione ai fini della produzione del danno alla paziente, con la conseguenza, quindi, di avere trascurato che l’esecuzione dell’intervento aveva comportato un’ingerenza nella sfera psico-fisica della donna inutile in quanto non idonea ad eliminare la patologia.

I comportamenti omissivi hanno così determinato un danno evento (inutile ingerenza nella sfera psico-fisica della paziente) ed un danno conseguenza consistente nella menomazione delle normali implicazioni dell’agire della persona e nella sofferenza dovuta alla coscienza dell’esito non risolutivo dell’intervento.

La Cassazione ritiene che l’esistenza di detti danni sia stata illegittimamente negata: la sentenza impugnata è, dunque, erronea, laddove non li ha riconosciuti e liquidati ciò che spetterà al giudice del rinvio.

La Corte di Cassazione, inoltre, ha voluto evidenziare anche la perdita di chance subita dalla ricorrente, esclusa invece dalla Corte di Appello per mancanza di apposita domanda della paziente.

La Suprema Corte, infatti, aderisce al principio enunciato con la sentenza n. 7193/2015, secondo cui: “In tema di responsabilità civile, la domanda di risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, derivanti da un illecito aquiliano, esprime la volontà di riferirsi ad ogni possibile voce di danno, a differenza di quella che indichi specifiche e determinate voci, sicché, pur quando in citazione non vi sia alcun riferimento, si estende anche al lucro cessante (nella specie, perdita di “chance” lavorativa), la cui richiesta non può, pertanto, considerarsi domanda nuova, come tale inammissibile“.

Detto danno non va, dunque, considerato come domanda diversa in quanto detta perdita è una componente del diritto al risarcimento del danno cagionato dall’illecito, per la cui valutazione è sufficiente aver formulato richiesta di risarcimento di tutti i danni, allegando i fatti costitutivi degli stessi, i quali, comunque, possono anche emergere in fase istruttoria.

Avv. Gian Carlo Soave.

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