L'Avv. Gian Carlo Soave risponde: "testimone ed insidia stradale" - Il Broker.it

L'Avv. Gian Carlo Soave risponde: "testimone ed insidia stradale"


Domanda: Testimone ed insidie stradali
Risposta: La Corte di Cassazione, con sentenza n. 14706/2016 del 19 luglio u.s., ha riconosciuto valenza di prova alla testimonianza di un familiare – in occasione di un sinistro per insidia stradale – sia pure non indicata in citazione.
Secondo la Corte, ha diritto ad essere risarcito dal Comune colui che riporta danni per avere inciampato su un tombino, stante la piena valenza probatoria della testimonianza del fratello, anche se non indicata tempestivamente.
Secondo la Suprema Corte ha, dunque, errato il giudice di merito nel ritenere che non indicando il nome del teste nell’atto di citazione, l’attore abbia tenuto un comportamento processuale a sé sfavorevole: “È ictu oculi insostenibile una siffatta posizione – hanno affermato infatti i giudici della S.C. – in uno schema processuale in cui, secondo il testo ratione applicabile dell’articolo 184 c.p.c. (ovvero quello introdotto dall’articolo 18 I. 26 novembre 1990 n. 253, antecedente al testo attualmente vigente derivante dall’articolo 2 d.l. 14 marzo 2005 n. 35) proprio i termini di cui alla suddetta norma sono destinati al dispiegamento completo delle istanze istruttorie. Non risulta pertanto utilizzabile a fine probatorio neanche nella più infima misura il fatto che l’attore si sia avvalso dell’articolo 184 c.p.c. anziché presentare ogni sua istanza istruttoria in modo completo – inclusivo, quindidei nomi dei testi – già nell’atto di citazione”.
In relazione, poi, alla testimonianza resa dal fratello, la Cassazione ha ricordato infatti che: “non sussiste con riguardo alle deposizioni rese dai parenti o dal coniuge di una delle parti alcun principio di necessaria inattendibilità connessa al vincolo di parentela o coniugale, siccome privo di riscontri nell’attuale ordinamento, considerato che, venuto meno il divieto di testimoniare previsto dall’art. 247 c.p.c. per effetto della sentenza della Corte Cost. n. 248 del 1974, l’attendibilità del teste legato da uno dei predetti vincoli non può essere esclusa aprioristicamente, in difetto di ulteriori elementi in base ai quali il giudice del merito reputi inficiarne la credibilità, per la sola circostanza dell’esistenza dei detti vincoli con le parti”. “Anche nel caso in cui si tratti di un unico teste, mai necessita, per espletare la sua valenza, riscontri esterni a suo supporto, tranne nell’ipotesi in cui si tratti – e non è indubbiamente il caso in esame – di testimonianza de relato”.
Il ricorso è stato, dunque, accolto: spetta al giudice del rinvio pronunciarsi attenendosi al seguente principio: “Qualora in atto introduttivo sia stata proposta istanza istruttoria di prova testimoniale senza indicare il nome del teste, e quest’ultimo tuttavia sia successivamente indicato entro i termini che il rito consente per il completo dispiegamento delle istanze istruttorie, tale legittima scelta dell’istante non può assumere alcun significato a lui sfavorevole ex art. 116 c.p.c.”.
Avv. Gian Carlo Soave.

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