«Questa è la vera rivoluzione, che nei prossimi mesi cambierà il sistema delle gare pubbliche». Il premier Renzi non ha paura di esagerare quando parla del ddl delega sugli appalti, approvato ieri dal Consiglio dei ministri dopo un lungo lavoro di preparazione del ministero delle Infrastrutture. Il testo recepisce le direttive Ue in materia di appalti pubblici, concessioni e cosiddetti «settori esclusi» (acqua, energia, trasporti, poste) e ha un obiettivo dichiarato: avviare il processo che porterà all’alleggerimento del corpo di 600 articoli che attualmente costituisce il Codice appalti e il relativo regolamento di attuazione. Con l’idea di allinearci al resto d’Europa, grazie a un sistema composto da meno regole, ma di più efficace utilizzo. In questo modo sarà possibile combattere in maniera più ficcante il fenomeno della corruzione negli appalti.
«L’Italia ha il vezzo di irrobustire la normativa europea complicandola e inserendo elementi di difficoltà», spiega Renzi. Questa complicazione, per il premier, è inutile o, addirittura, dannosa. Perché produce regole incoerenti e difficilmente applicabili all’atto pratico, alle quali spesso si deroga negli appalti più importanti, creando anomalie come quelle tristemente note dell’Expo e del Mose. Allora, bisogna semplificare e tagliare, seguendo un principio guida: «Quello che viene consentito dall’Europa è quello che dovrà essere fatto dall’Italia». Adattando il modello Ue alle nostre caratteristiche, ma senza stravolgerlo. Più volte è stato dichiarato l’obiettivo di scendere dagli attuali 600 articoli a un massimo di 200 articoli di più rapida comprensione. Una potatura di due terzi.
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Fonte: Il Sole 24 Ore di Sabato 30 Agosto 2014
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