L'Avvocato Soave risponde: illecito del subagente, chi è responsabile? - Il Broker.it

L'Avvocato Soave risponde: illecito del subagente, chi è responsabile?

Domanda:
Nei confronti dell’assicurato chi è responsabile del fatto illecito del subagente? l’agente o la Compagnia di assicurazioni?
Eugenio – Salerno

Risposta dell’Avvocato Soave

wpid-Giancarlo-Soave.jpgNel campo assicurativo il sub agente è un ausiliario dell’agente che non risponde del suo operato alla compagnia ma all’agente direttamente che gli corrisponde una parte della provvigione che percepisce dalla Compagnia di assicurazione per l’ acquisizione di polizze assicurative e per l’incasso delle quietanze. Opera, dunque, in nome e per conto dell’agente, sotto la responsabilità di quest’ultimo.

La subagenzia, quindi, costituisce un caso particolare di contratto derivato (subcontratto), unilateralmente e funzionalmente collegato al contratto principale di agenzia, che ne è il necessario presupposto e ad esso si applica la disciplina del contratto principale, nei limiti consentiti o imposti dal collegamento funzionale ed è sottoposta alla normativa in materia di agenzia di cui agli artt. 1742 – 1753 c.c.

I contratti di agenzia e subagenzia, quindi pur avendo sostanzialmente un identico contenuto, si differenziano nettamente con riguardo alla persona del preponente (che nel contratto di agenzia è l’impresa, mentre in quello di subagenzia è l’agente).

L’agente conseguentemente risponde dell’operato dei propri collaboratori ex art. 1228 c.c., cui rimane estranea la preponente (impresa di assicurazione).  
Infatti, in caso di ammanchi e/o di appropriazione indebita o di altri danni (contratti e quietanze non registrati in tempo), l’agente risponde civilmente nei confronti della compagnia e dei terzi dell’operato del suo sub agente e non quest’ultimo, salvo poi a rivalersi nei suoi confronti.

La figura del subagente è riconosciuta, quindi, come elemento produttivo inserito nella struttura organizzativa e imprenditoriale dell’agente alla quale rimane estranea la preponente (l’assicuratore), la cui responsabilità è esclusa per il fatto illecito del subagente, in quanto “ciascun padrone o committente risponde, ex artt. 2049 e 1228 c.c., dei fatti illeciti commessi soltanto dai propri collaboratori e non dai collaboratori dei soggetti ai quali essi sono legati mediante rapporti contrattuali che lasciano all’autonomia organizzativa dei commissionari lo svolgimento dell’attività loro affidata” (Cass. sent. 16/05/2012 n.7634).
La giurisprudenza sul punto è consolidata nell’affermare che la responsabilità del preponente ex art. 2049 c.c., sorge per il solo fatto dell’inserimento di colui che ha posto in essere la condotta dannosa nell’organizzazione dell’impresa, senza che assumano rilievo nè la continuità dell’incarico affidatogli, nè l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato.

E’ sufficiente che il comportamento illecito del preposto (subagente) sia stato agevolato o reso possibile dalle incombenze a lui demandate dall’agente e che il commesso abbia svolto la sua attività sotto il controllo del primo (Cass. 5 marzo 2009, n. 5370)

L’agente, infatti, che, nell’adempimento dell’obbligazione, si avvale dell’opera di terzi, ancorchè non alle sue dipendenze, risponde anche dei fatti dolosi o colposi dei medesimi (Cass. 13 aprile 2007, n. 8826).

In altri termini, con riferimento alla responsabilità dei padroni e committenti, ai fini dell’applicabilità della norma di cui all’art. 2049 c.c., non è richiesto l’accertamento del nesso di causalità tra l’opera dell’ausiliario (sub agente) e l’obbligo del debitore (agente), nè la sussistenza di un rapporto di subordinazione tra l’autore dell’illecito ed il proprio datore di lavoro o del collegamento dell’illecito stesso con le mansioni svolte dal dipendente, essendo sufficiente, per il detto fine, un rapporto di occasionalità necessaria, nel senso che l’incombenza assegnata abbia determinato una situazione tale da agevolare o rendere possibile il fatto illecito e l’evento dannoso, anche se il dipendente (o, comunque il collaboratore dell’imprenditore) abbia operato oltre i limiti delle sue incombenze, purchè sempre nell’ambito dell’incarico affidatogli, così da non configurare una condotta del tutto estranea al rapporto di lavoro (Cass. 24 gennaio 2007, n. 1516).

Buona settimana.

Avv. Gian Carlo Soave – Twitter: @AvvocatoSoave

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