Carige, l'ipotesi di Malacalza - Il Broker.it

Carige, l'ipotesi di Malacalza

Voci già sentite che diventano più insistenti.
dal Sole 24 Ore di Martedì 4 Febbraio 2014
Continua la faticosa marcia della Fondazione Carigecarige_1 verso la ricerca di un advisor che possa appoggiarla nella complicata operazione che porterà la Banca Carige, di cui l’ente è azionista al 46,5%, a un aumento di capitale fino a 800 milioni. Intanto si affaccia la possibilità che sia un tandem di nuovi azionisti a sottoscrivere la ricapitalizzazione dell’istituto di credito genovese.
Ieri nelle stanze ovattate della Fondazione, dove si sono riuniti sia il cda che il consiglio d’indirizzo, è arrivata l’eco dell’interesse, per la banca, di due nomi di spicco del mondo dell’economia e della finanza. Si tratta di Andrea Bonomi, appena uscito, con la Investimenti strategici milanesi (controllata da Investindustrial), dal capitale di Bpm (da dove, non a caso, proviene il nuovo ad di Carige, Piero Montani) e di Vittorio Malacalza, reduce dalla burrascosa esperienza in Pirelli. Già in ottobre, del resto, Malacalza non aveva escluso la possibilità di investire nella banca, sottolineando, però, che «ogni investimento dipende da chi è l’ad. Solo se c’é un buon ad, allora si può solleticare l’interesse». E di certo Montani ha tutte le carte in regola per essere considerato un buon amministratore delegato.
In Fondazione, però, si guarda con apprensione ai nuovi soci, con la consapevolezza che l’aumento di capitale della banca porterà a una cospicua diluizione delle quote dell’ente. Ieri al cda guidato da Paolo Momigliano sono arrivate le offerte delle 13 società di advisoring interpellate dalla Fondazione. Al superconsulente Angelo Provasoli, già rettore della Bocconi, si è unito un altro docente bocconiano, Piergaetano Marchetti, esperto di diritto commerciale. Loro, insieme all’advisor che dovrebbe essere scelto entro giovedì, formeranno la squadra che dovrà supportare la fondazione. L’ente, dunque, si sta attrezzando per avere, nei confronti della banca, la possibilità di interloquire da una posizione di forza, ancorché minata dalla mancanza di liquidità.
Fondazione Carige, infatti, intende avere, rispetto all’aumento di capitale della banca, maggiore voce in capitolo, quale azionista di maggioranza, rispetto a quanta gliene sta lasciando attualmente l’istituto di credito. L’idea, insomma, è di far sentire il peso del proprio pacchetto azionario (finché c’è) senza arrivare alla guerra, si diceva ieri nel cda dell’ente, ma inducendo la banca a dialogare maggiormente con l’azionista.

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