Riportiamo di seguito la lettera di Waldermaro Flick, Vice Presidente, Osservatorio della Montagna, pubblicata 2 giorni fa su Il Secolo XIX.
Un appello di buon senso che, oltre a tutelare gli sciatori e le aziende che gestiscono impianti e piste, potrebbe spingere allo sviluppo di una copertura fino ad oggi estremamente marginale.
L’incidente occorso a Michael Schumacher induce ad una serie di riflessioni in ordine alla sicurezza delle piste da sci nonché alle responsabilità conseguenti. Da quanto si vede dalle immagini diffuse dai media, non si può certo dire che il tratto di pista dove è avvenuto l’incidente possa essere definito “fuori pista“- è chiaramente una lingua di neve che separa due piste, quella della Biche e del Mauduit che in quel punto si biforcano nettamente. E salvo la palinatura della pista, mancherebbero simboli evidenti di pericolo che segnalino le rocce seminascoste dalla neve. Ci penserà la Procura di Albertville a stabilire dinamica dell’incidente, caratteristiche ed eventuali carenze della pista e soprattutto ad attribuire le responsabilità civili e penali del caso. A noi la riflessione su un evento che, ove non fosse occorso ad un campione del mondo come Schumacher, sarebbe già nel dimenticatoio. Non si può proprio dire che quel tratto di pista per cui Schumacher sta lottando tra la vita e la morte, fosse un “fuori pista“. Chi conosce la montagna sa come sono i fuori pista – percorsi di alta montagna nei quali lo sciatore va davvero a suo rischio e pericolo. Ma in questo caso non sembra che le condizioni fossero tali – cinquanta metri di percorso, non si sa come segnalato, pieno di sassi ricoperti da una spolverata di neve di una ventina di centimetri.
È chiaro che un simile tratto di pista altro non è che parte integrante di tutto il comprensorio sciistico di cui qualcuno è responsabile sia sotto il profilo penale, sia sotto quello civile. Ho letto che qualcuno avrebbe affermato che non servirebbero leggi e decreti – cosa dire allora della Legge 363 del 2003 che ha imposto l’uso del casco ai minori di 14 anni? E sulla scia di questa virtuosa norma oggi si possono vedere sui campi da sci tanti adulti che lo usano anche se non obbligati: e parlano le statistiche su quanti morti sono state evitate grazie alle legge citata. Aspettiamo da anni, in Italia e in Europa, una legge che regolamenti veramente diritti e doveri sui campi da sci. Da anni la dottrina e gli esperti caldeggiano una norma che faccia chiarezza perché è chiaro che chi compra uno skipass non lo fa solo per andare a vedere il panorama ma lo fa perché vuole godere appieno di tutto il comprensorio sciistico sia nella fase di salita sia soprattutto nella fase di discesa. È per questo motivo che gli studiosi della materia hanno “costruito” il contratto di skipass o contratto bianco in forza del quale il gestore del comprensorio è responsabile sia in fase di salita sia in fase di discesa salvo prova contraria. Molti Tribunali hanno seguito questo orientamento: persino la Cassazione in una coraggiosa sentenza c.d. del “ciuffo d’erba” ha affermato il principio per cui i gestori degli impianti sono responsabili sempre di tutto il comprensorio amministrato. Senza contare che l’approvazione di una legge sul contratto di skipass renderebbe finalmente obbligatoria l’assicurazione che adesso è facoltativa e quindi assolutamente desueta nella prassi quotidiana. Purtroppo, allo stato, il contratto di skipass non è legge e quindi ha valore cogente solo ove il magistrato ritenga di applicarlo. Di qui, la disparità di pronunce e di trattamento e la conseguente necessità che tale problematica venga affrontata con una legge.
Ma la forza delle lobbies è troppo pressante: si sono sparsi fiumi di inchiostro e innumerevoli convegni per approdare al nulla. E stato necessario che l’incidente occorso ad un campione del mondo come Schumacher richiamasse l’attenzione di tutti sul problema.
Occorre non perdere l’occasione e provvedere con gli strumenti legislativi appropriati per tutelare l’incolumità di tutti i cittadini, anche di quelli che campioni del mondo non sono.
Fonte: Waldemaro Flick, vicepresidente dell’Osservatorio sulla Montagna – Il Secolo XIX
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