Dal Sole 24 Ore di domenica 29 settembre.
Uno dei focus degli analisti nella settimana scorsa? Inevitabilmente, l’accordo modificativo del patto parasociale in Telco che ha visto coinvolto anche il gruppo Generali. Un’intesa che ha definito per lo stesso Leone di Trieste i possibili periodi di uscita dalla «scatola» che controlla Telecom Italia. Al di là delle valutazioni complessive di merito, la mossa della società assicurativa non sorprende. La compagnia da tempo ha comunicato al mercato la volontà di dismettere gli asset non «core» (compresa la possibilità di rivedere la posizione nell’ex monopolista).
Gli obiettivi al 2015
Si tratta, a ben vedere, di una delle varie «gambe» della strategia delineata a inizio gennaio scorso. Le Generali, impegnate a ri-focalizzarsi sul core business assicurativo, hanno definito diversi obiettivi al 2015, a tutt’oggi confermati. Tra gli altri, per l’appunto, 4 miliardi da dismissioni di asset. E non solo. Da un lato è stato indicato un risultato operativo oltre 5 miliardi, con il Roe (operativo) oltre il 13%. E dall’altro, ferma l’importanza del ramo vita, la crescita del danni: quest’ultimo dovrebbe incidere sull’«operating result» per circa la metà. Ancora: sono stati previsti, anche grazie alla riorganizzazione del business domestico, risparmi per circa 600 milioni. Infine, sul fronte del rafforzamento patrimoniale, è stato individuato un ratio di Solvency I oltre il 160%.
Il piano di dismissioni
Insomma, il lavoro non manca. A partire, proprio, dal fronte delle cessioni. Qui, a ben vedere, gli esperti rilevano che la società è avanti nella road map fissata. E tuttavia, al risparmiatore sorge un dubbio: diverse partecipazioni sono vincolate in patti di sindacato o sono di società cosiddette «strategiche». Il che, inevitabilmente, può portare a un rallentamento nel piano delle stesse cessioni.
Generali non condivide la preoccupazione e articola il suo pensiero. In primis, per l’appunto, sono gia stati definiti oltre 2,2 miliardi in cessioni. I tempi quindi sono in linea con quelli per raggiungere il target di 4 miliardi al 2015. Inoltre, i vari patti dove Generali ha sue partecipazioni verranno di volta in volta disdettati. Il tutto, è l’indicazione, al fine di avere un’efficiente gestione e valorizzazione degli asset stessi.
Ma non sono solamente le partecipazioni sindacate. Altro tema è quello della cessione della Banca svizzera italiana (Bsi) che, a detta degli esperti, subisce qualche ritardo. Durante la presentazione dei dati sul primo semestre 2013, Generali ha sottolineato di non essere uno «stressed seller» di Bsi. Cioè, di non dover vendere hic et nunc ad ogni costo. La banca elvetica comunque non è considerata asset strategico. Farà quindi parte del pacchetto per raggiungere il target indicato sul 2015. Ciò detto, secondo fonti finanziarie, alcuni dossier sono sul tavolo. In particolare, sussisterebbero due offerte. La prima di un primario istituto europeo; la seconda, invece, riguarderebbe un operatore internazionale.
Il mercato domestico
Dalle cessioni alle attività domestiche. Uno dei focus di Generali è la riorganizzazione del business in Italia. Dei 10 brand si arriverà a tre compagnie. In tal senso, a luglio, è nata Generali Italia. Su questo fronte, fanno notare alcuni analisti, c’è stato qualche slittamento sui tempi indicati. L’elemento, però, non preoccupa. In realtà, ciò che pone dubbi al semplice risparmiatore è un altro aspetto. Quale? È presto detto. Il Belpaese si trova in una dura recessione. Il business assicurativo dell’auto, ad esempio, nel primo semestre del 2013 è calato (-9%). Ebbene in un simile contesto, dove gioca non solo la difficile congiuntura ma anche la forte concorrenza, la riorganizzazione domestica può configurarsi più complessa del previsto. Generali non condivide la preoccupazione. La società rileva che non ci sono ulteriori segnali di complessità rispetto al progetto. L’Italia in sé è in recessione ma le condizioni del mercato di riferimento non sono negative. Proprio il combined ratio del danni, rilevano poi gli esperti, è migliorato scendendo al 90,8%. Così la nuova organizzazione, nel rispetto dei livelli occupazionali, sarà pronta per essere lanciata nel 2014. E, poi, dal 2015 si avranno le sinergie. Qualche numero? Generali non si sbilancia. Gli esperti, dal canto loro, fanno un ragionamento. L’idea alla base della riduzione dei costi della compagnia assicurativa è la seguente: gli oneri amministrativi e i costi della holding subiscono l’effetto di una crescita endogena legata al tasso d’inflazione. La dinamica, nel giro di tre anni, porta a una crescita degli oneri per l’appunto di circa 600 milioni. L’intenzione di Generali, evidentemente, è quella di sterilizzare quest’effetto.
…segue nella carta stampata…
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