Partiamo oggi, come annunciato, con la collaborazione con l’Avvocato Gian Carlo Soave – uno dei massimi esperti di Diritto Assicurativo e di Sinistri – che ogni settimana risponderà a un quesito di un nostro lettore.
Vi ricordiamo che potete inviare i vostri quesiti all’indirizzo: postmaster@ilbroker.it
DOMANDA: Gentile Avvocato Soave, ho letto la sua intervista sul blog Il Broker dove, relativamente all’utilizzo dei dati provenienti dalla scatola nera, ha affermato “La validità di prova (nel senso civilistico del termine) in sede processuale dei dati provenienti dalla scatola nera sarà certamente oggetto di un’evoluzione giurisprudenziale che richiederà diversi anni e che sarà foriera di ampio contraddittorio prima di raggiungere una chiara definizione in sede giudiziale.”. Ho poi letto anche l’articolo scritto da Massimo Rosa circa il possibile arrivo in Italia della Dashcam – http://ilbroker.it/2013/09/03/scatola-nera-o-dashcam-futuri-possibili/ – che mi pare essere un altro strumento, specie nelle sue versioni con accelerometro, di grande interesse.
Venendo al mio quesito: se l’utilizzo in giudizio dei dati provenienti dalla black box dovrà in qualche nuovo essere regolamentato dal legislatore o dalla giurisprudenza stessa, quale valore di prova potrebbero invece a suo parere avere le immagini registrate dalla Dashcam distinguendo, se possibile, tra il caso in cui a questi si associno i dati di posizionamento e accellerazione oppure solo quelli di posizionamento forniti dal satellitare qualora l’apparecchio non sia dotato di accelerometro?
Ringraziandola per la risposta che mi vorrà gentilmente fornire porgo i più cordiali saluti.
Eugenio
RISPOSTA DELL’AVVOCATO SOAVE:
Caro Eugenio,
andiamo subito al “nocciolo” della questione e verifichiamo in che termini la dash cam potrebbe entrare, quale prova, nel processo civile come utile strumento per la risoluzione delle controversie in materia di sinistri stradali.
In assenza di un’apposita normativa ad hoc, ritengo di poter far rientrare la dash camnella disciplina di cui all’art. 2712 Codice Civile che ha per oggetto le riproduzioni meccaniche e così recita “Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose, formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”.
Ciò vale a dire, in parole povere, che se controparte non disconosce i contenuti digitali registrati dalla dash cam nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione degli stessi, tale prova si ha per riconosciuta ed il giudice potrà tenerne conto.
Sulla attendibilità di tali strumenti appare evidente che ogni ulteriore e più sofisticato requisito tecnico degli stessi, tra cui appunto ‘accelerometro, non potrà che corroborare e coadiuvare la decisione del magistrato.
A mio avviso, onde evitare lungaggini processuali ed eventuali ulteriori diatribe tra le parti, sarebbe opportuno far rientrare l’esibizione e l’apertura della black box e/o dash cam nei poteri del Giudice, ante causam o in corso di causa, tramite un consulente tecnico d’ufficio ed alla presenza dei consulenti di parte nel rispetto del principio del contraddittorio.
Il Consulente Tecnico d’Ufficio nominato dal Giudice, così facendo, garantirebbe l’autenticità dei files contenuti nella dash cam a tutela della veridicità della prova.
Cordialmente,
Avv. Gian Carlo Soave
Twitter: @AvvocatoSoave
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